18 dicembre 2011

Taccuino di un vecchio sporcaccione - Charles Bukowski (Racconti - 1969)

Taccuino di un vecchio sporcaccione


Quel che sto cercando di dirvi è che la ragione per cui la gente va alle corse è perché è in agonia, eggià, ed è così disperata che preferisce correre il rischio di prolungare l'agonia piuttosto che affrontare la sua condizione attuale. e i giovani non sono così scemi come si pensa. stan seduti in cima ai monti a studiare il moto vorticoso delle formiche.
Nati come pezzi per un giornale, Bukowski si sente libero di sfogare la sua rabbia. Una libertà che si trasfigura e si rivela nella sintassi: i periodi sono spesso lunghissimi e tantissimi, allo stesso modo i periodi nominali, dopo il punto non esiste la maiuscola e le frasi sono cariche di turpiloqui e imprecazioni. Lo conosciamo già questo scrittore. Ci ha deliziato con libri sorprendenti per indipendenza e riflessione; questo però un po' delude. Sfrontato, forse un po' troppo, un tocco di disorientante visionarietà, ci sono troppi fatti (molti nemmeno densi e ricchi) e poco spazio al pensiero. I racconti senza titolo, come per gli altri letti in passato, si concludono spesso con finali spiazzanti, persino poetici. Ma a differenza degli altri, nonostante le stesse tematiche, lo stesso genere di storie, sono più sporadici.

Un'ombra scura di pessimismo si staglia sullo sfondo della vita dello scrittore americano. La sua è un’esistenza dedita alla ribellione, ma non è così ragionata come si penserebbe; è istintiva, genuina, immediata, quasi fanciullesca. Lo scrittore americano è una foglia in balìa del vento. Istinto e desiderio, desiderio e istinto vanno caldeggiati, vezzeggiati, corteggiati; l’alternativa sarebbe la schiavitù.

Un libro più da beat generation che dal Bukowski che più apprezzo.


Le foto e i post, se non diversamente specificato, sono state realizzate da Salvatore Calafiore e si possono trovare, insieme ad altro, su: http://salvokalat.blogspot.com/


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