28 gennaio 2014

Renoir e la sensualità della vita moderna

La lettrice
La lettrice (1876)
Completa, puntuale e toccante: così può essere descritta la mostra Renoir – Dalle collezioni del Musèe d'Orsay e dell'Oragerie, visitabile presso la Galleria d'Arte Contemporanea di Torino fino al 23 febbraio 2014. La mostra è la felice prosecuzione di una stretta collaborazione fra il polo museale torinese, quello francese e Skira editore, iniziata già nel 2012 con l'esposizione dedicata ad Edgar Degas.

Studiato con cura, attraverso sessanta capolavori scelti dai curatori Sylvie Patry (Conservatore capo presso il Musée d'Orsay) e Riccardo Passoni (vicedirettore della GAM di Torino), il percorso mette a fuoco l'esperienza dell'artista, partendo dagli inizi all'interno del gruppo impressionista, fino agli anni più maturi, quando acquisirà un proprio personale linguaggio estetico, figurativo ed un caratteristico ambito di ricerca pittorica. In effetti, osservando la sequenza delle opere, l'evoluzione artistica di Renoir si fa chiara ed appare inestricabilmente legata alla sua vita, prima come pittore bohémien, poi come padre di famiglia dedito in toto alla casa, alla moglie e ai figli. Da questo punto di vista, in effetti, egli è un puro impressionista: i soggetti ritratti sono amici, famigliari, committenti, protettori e amanti, ma anche la Senna rappresentata innumerevoli volte e le nature morte, nella cui maestria si riconosce tutto l'amore che il pittore nutriva per i fiamminghi seicenteschi.
Renoir non può che dipingere ciò che ama, poiché proprio l'amore sembra essere quella discriminante fondamentale che dà vita ai suoi quadri. Così, insieme ai compagni del movimento (Monet, Sisley, Pizarro, Degas e Cezanne), egli ripudia il rigorismo dogmatico dell'Accademia, ritraendo la vita quotidiana delle strade di Parigi, allegre scampagnate in campagna, pranzi, balli e paesaggi bagnati da un sole estivo caldo ed avvolgente. La vita moderna, insomma, si fa protagonista, sostituendosi alle regole ed al gusto tradizionali che concepivano l'arte come uno strumento didattico e di elevazione spirituale. Al Salon, infatti, le opere più quotate erano sempre state i grandi racconti storici, mitologici o religiosi, nel quali il disegno, chiaro e pulito, dominava sul colore. Adesso, dipingendo en plain air, l'artista può finalmente sentirsi libero di scegliere, sperimentare e dare ascolto al proprio istinto, alla propria emotività; così pure per il colore, steso direttamente sulla tela a grandi tocchi o a "spatolate", diviene una macchia viva, che all'epoca veniva per questo orribilmente disprezzata dalle vecchie leve delle istituzioni conservatrici.

Il ragazzo col gatto (1868)


Nella mostra della GAM, questa solarità e quel costante, sublime senso di amore e pace verso la vita che il tratto vibrante e vitale del pennello di Renoir sapeva comunicare, si fanno evidenti. Così come evidente è la crescita artistica, distinta in quattro grandi periodi: gli inizi, rappresentati da alcune opere che ritraggono gli amici all'opera come Frédéric Bazille al cavalletto, o il ritratto di Monet intento nella medesima attività. In tale contesto, ben si inserisce anche l'opera dello stesso Bazille Studio di rue de la Condamine che mise a disposizione il proprio spazio, accogliendo i compagni pittori e favorendo un clima di reciproco scambio intellettuale. In questa prima parte, spiccano senza dubbio Il ragazzo con il gatto, nel quale già emerge l'interesse dell'artista nei confronti della luce, della composizione, della carne e della sua rappresentazione sensuale. Lo studio degli incarnati, sempre voluttuosamente rosei e "pieni", torna anche ne La lettrice dove una giovane intenta nella lettura, pare in realtà un banale pretesto per indagare la rifrazione della luce sui capelli della giovane, ma soprattutto sulla pelle rosa-pesca del viso. La pennellata di Renoir è un vortice palpitante di brevi tocchi e sfumature, spesso usati nei ritratti per rendere indefiniti i contorni del soggetto, creando un effetto di "sfaldamento" della figura nell'atmosfera circostante. Una tecnica veloce, particolarmente efficace anche nelle vedute della Senna: le chiome degli alberi paiono davvero muoversi ad un improvviso innalzarsi del vento e, a guardare quello scorcio bucolico ai piedi della ferrovia nell'opera Le pont du chemin de fer à Argenteuil Chatou, sembra di sentire realmente il calore del sole in pieno agosto.

Renoir
Le pont du chemin de fer à Argenteuil Chatou (1881)

Ma Renoir non era solo un abile pittore impressionista: nei ritratti di madame Charpentier con i figli, sua committente e protettrice (il suo salotto letterario era frequentato da Zola), egli mostra una particolare abilità nel disegno ed un occhio sapiente nella cura della composizione che egli ha senza dubbio acquisito in età adolescenziale quando iniziò dipingendo porcellane, nella città natale di Limoges.

Ballo in città
Ballo in città (1883)

Ma il suo genio è forse più marcato nel dittico Ballo in città e Ballo in campagna, due opere di grande formato che si accompagnano ad una terza, Ballo a Bougival (questa non presente alla mostra di Torino), elaborate nel 1882-83 e con le quali l'artista sviluppa il tema del ballo. All'epoca, le prime due tele furono oggetto di diverse interpretazioni: «secondo Marthold mostravano l'una,"un ballo del demi-monde in un cabaret di periferia ", l'altra "un ballo di società in un salone"; Lecomte invece metteva a confronto l'atteggiamento passionale e impulsivo della coppia di campagna con quello più distaccato e formale dell'ambiente cittadino». C'è da dire che, in entrambi i casi, colpisce l'attenzione di Renoir per il movimento: per l'opera Ballo in città il dinamismo è suggerito dalle pieghe scultoree del vestito della giovane modella e dall'abito ancora in movimento del cavaliere (probabilmente l'amico Paul Lothe) che pare aver appena concluso una piroetta; per quanto riguarda Ballo in campagna, la linea voluttuosa delle forme di Aline Charigot, futura moglie dell'artista, creano un vortice ascensionale che conducono, inevitabilmente, al sorriso ed agli occhi guizzanti e gioiosi di lei. Il cappello del giovane (sempre Paul Lothe) è appena caduto e le pieghe dell'abito di Aline si increspano dolcemente ad ogni passo.

Ballo in campagna
Ballo in campagna (1883)

Lo studio della luce prosegue nel secondo periodo, quello dei lunghi viaggi in Italia e soprattutto in Algeria, dove Renoir ritrova i motivi cari a Delacroix: La moschea o Festa araba è un tripudio di ocra, terra di Siena bruciata, bianco e turchese, stesi sulla tela con tocchi veloci, al fine di suggerire l'idea di una moltitudine di persone che ballano.

Il terzo grande gruppo è quello famigliare, quando la convivenza con Aline (durata per dieci anni prima del matrimonio) gli darà il primo figlio, Pierre (seguiranno poi Jean e Claude). Qui, il pittore di Limoges riscopre il mondo dell'infanzia dipingendo moltissimi ritratti dei propri figli ma anche dell'amata compagna, spesso intenta ad allattare o a prendersi cura di loro. In queste composizioni, Renoir cerca di declinare il soggetto rinascimentale della "Madonna col bambino" in chiave moderna: la semplicità della maternità ambientata in un paesaggio di campagna, rappresenta la quintessenza della vita pacifica, dove l'uomo e la Natura convivono in perfetta armonia.

«Nel 1892 [...] Renoir ottiene da parte del Ministro delle Belle Arti, Henri Roujon, la commissione di un dipinto da destinare alle Sale del Musée du Luxembourg, istituzione che ospitava allora le opere degli artisti viventi. Il carattere ufficiale della richiesta [...] getta Renoir in uno stato di agitazione e insicurezza che lo porta a replicare più volte lo stesso soggetto»: Fanciulle al piano è forse l'opera che, all'interno della mostra, più di tutte incarna il "cambio di rotta" di Renoir, nell'ultima fase della sua vita. Egli abbandona lo sfumato per un disegno più puro e definito, ben calibrato sugli equilibri fra linee diagonali e sul colore che qui si fa terso, tutto giocato fra contrasti di tonalità calde e fredde. Il tema di giovani donne intente in occupazioni domestiche piacevoli, rievoca scene di genere settecentesche riprese però, a cavallo del Novecento, con atmosfere più ampie e di maggior respiro.



La sensazione che si ha, percorrendo le sale della mostra torinese, è quella di aver fatto la conoscenza di un pittore sincero e semplice che amava ritrarre la vita prediligendone il lato felice ed appassionato. E tale trasporto non si limita solo ai grandi quadri di feste e incontri galanti (a questo proposito, egli è senza dubbio erede dell'arte di Boucher e Fragonard), ma ritorna, schietto e autentico, anche nelle nature morte: la carnalità che egli utilizza per dipingere Aline ne Le bagnanti è pressoché identica a quella utilizzata per descrivere la consistenza croccante del petalo di un fiore o la buccia soffice di una manciata di pesche (magistrali sono quelle di Rose in vaso con pesche e un limone). Nella sua lunghissima vita, Renoir è stato uno dei pittori più innovativi e "veri" della Storia dell'arte a cavallo fra Ottocento e Novecento. Il suo occhio critico, la declinazione del colore e soprattutto lo studio della luce lo rendono una sorta di "scienziato" che indaga il reale scomponendolo in macchie di toni e ombre che si mescolano e si compongono in una sintesi di perfetto equilibrio. La vita moderna di Renoir è per noi uno scorcio felice che fa sognare l'osservatore, accompagnandolo come un padre col suo bambino, alla scoperta della vera Parigi boémien, che anche davanti alla fame ed alla povertà, sapeva riconoscere ed apprezzare la semplicità delle piccole cose della vita di ogni giorno.

Renoir – Dalle collezioni del Musèe d'Orsay e dell'Oragerie
23 ottobre 2013- 23 febbraio 2014
Gam – Galleria d'Arte Contemporanea di Torino
Martedì-Domenica dalle 10:00 alle 19:30
Giovedì la mostra si prolunga fino alle 22:30
Chiuso il lunedì


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