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2 novembre 2017

Il grande inquisitore ovvero l’oscura natura del potere


Quando per la prima volta lessi il capitolo de Il grande inquisitore all’interno de I fratelli Karamazov di Dostoevskij non mi resi conto della portata del testo, anzi ricordo che mi parve qualcosa di strano, tanto da non riporre l’attenzione di cui necessitava; è stato poi il suggerimento di un amico a farmi riprendere il testo, scoprendo quanto fosse pregno di sconvolgenti verità.
La leggenda del Grande inquisitore è molto citata nell’ambito della critica letteraria ma anche in ambito cattolico. In genere si sottolinea la potenza del messaggio e la forza con cui Dostoevskij esprime l’incapacità dell’uomo nel gestire l’ebrezza della libertà che gli è stata donata con la venuta di Cristo. È evidente una feroce critica all’ortodossia cattolica che in genere viene mitigata nei libri e negli articoli, ma nello stesso tempo c’è una comprensione delle sue drammatiche ragioni. Ciò porta ad un generico disinteresse verso le parti più scomode e irriverenti, forse perché ci si ostina nel leggere il testo seguendo solo un punto di vista “politicamente corretto”. La Chiesa Cattolica quindi ne esce devastata e compatita, secondo logiche che verranno man mano esposte in questo articolo.

14 aprile 2017

La lingua preletteraria latina, la forza del suono antico

Iscrizione latina
La nostra lingua, l'italiano, ha origini antiche ed è figlia di quel latino di cui ancora oggi ne usiamo spesso, inconsciamente, i termini: Curriculum, corpus, ante litteram, ad honorem, habitat; sono solo alcuni dei frammenti che la modernità, distratta, ha risparmiato. Piccole entità di un codice che nel '400 segnava il confine tra lingua dotta e volgare, tra sacro e profano e già da allora si avvertiva, nascosta, la forza onomatopeica di questa lingua. Mai come oggi, l'importanza della lingua latina definita dai più anacronistica, diviene fondamentale. Non soltanto a scopo di erudizione ma in modo ancora maggiore, per le radici del nostro essere e pensare, in un continente come quello Europeo che più di ogni altro luogo ha smarrito la propria identità.

24 marzo 2017

Conversazione sur-reale su una sconfitta o una vittoria mai vinta: la scrittura e la letteratura


Corrado Alvaro, scrittore che ha raccontato il destino e la civiltà del Mediterraneo, muore a Roma nel 1956, assistito da Cristina Campo. Aveva sessantuno anni.

Cristina Campo (nom de plume di Vittoria Guerrini), scrittrice e poetessa, muore nel 1977. Aveva cinquantaquattro anni. Una vita incentrata verso lo scavo della malinconia. Una poesia alla deriva del silenzio e del mistero:

«... ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:
"nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta" ».

16 marzo 2017

Stranieri o esclusi? Pirandello, Alvaro, Camus e Zambrano


Corrado Alvaro scriveva: «La vita non è altro che una comunione di solitudini». La comunione di solitudine è uno straniamento che ci conduce verso la finzione. La Medea di Alvaro è il teatro della recita senza maschera. Come l'Alcesti. In questa condizione si viaggia con la memoria sommersa accanto e con quella del "sottosuolo" dentro. Lo straniero e l'assurdo. La caduta con il riso e la risata nella confusione. La solitudine e l'angosciosa incertezza. Sono percorsi di anima. Viaggi di esistenza. Erranze nei cuori e nel tempo che illumina e chiede di capire il mistero. Com'è possibile capire e comprendere il senso del mistero? Il mistero è un sentiero ma è anche un linguaggio. Le letterature sono linguaggi di parole che inventano, creano immagini su uno palco-scenico la cui ribalta è data dal personaggio che anima la scena. Che anima... l'anima...

23 novembre 2016

Il sentiero perduto della fiaba


Chi ha avuto la fortuna, accompagnata dall'abitudine, di passeggiare tra i boschi, sa come luoghi del genere siano immersi totalmente in quella tranquillitá che accoglie passo dopo passo chi li attraversa, allo stesso modo, parola dopo parola, fa con noi la letteratura.
E proprio come i boschi la letteratura è composta da una moltitudine di sentieri, uno di questi lentamente sta appassendo, un frammento di pagine sempre meno consultate che il tempo con la sua laboriosa cadenza inizia a sgretolare. Il sentiero della fiaba.

13 aprile 2016

Momenti di (non) trascurabile leggerezza

Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arrugginite.
Italo Calvino, Lezioni americane

Momenti di trascurabile leggerezza


14 ottobre 2014

Uno Sciascia inedito e postmoderno: 1912+1


Leonardo Sciascia

Nella storia della letteratura ci sono alcuni scrittori la cui fama è destinata ad essere perennemente legata all'opera che li ha resi celebri: si prenda ad esempio Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa, o I promessi sposi del Manzoni, spesso e volentieri inglobati da una tradizione didattica che etichetta e cataloga testi e autori i cui sforzi pare possano essere riassunti da un solo titolo. Tra questi certamente si trova anche Leonardo Sciascia, acclamato autore de Il giorno della civetta, indiscusso capolavoro della letteratura italiana, capace di muoversi in maniera sottile tra le ardite trame del potere istituzionale e non, inaugurando una stagione del giallo che in Italia mai prima di allora aveva realmente trovato un terreno fertile. Non un giallo qualunque né un semplice romanzo di mafia: l'intento di denuncia e la tensione morale lo rendono al contempo accessibile e complesso, drammatico ma quanto mai attuale. Tuttavia sarebbe un grave errore – nel caso di Sciascia e degli autori di cui prima – ridurre un'intensa carriera a un genere, ancor più a un testo per quanto rappresentativo o influente.

22 dicembre 2013

Il "Manuale" di Coelho


Manuale del guerriero della luce

Un prologo fantasioso il cui personaggio è un bambino richiamato alla vita dal desiderio di udire campane infondo al mare, non può che accompagnare il lettore sino a dentro una favola che parla all'animo. Come tornare piccoli, la grande storia di un giovane guerriero fa tornare l'uomo moderno alla sua natura originaria fatta di sogni e magie, di desideri che contornano un cammino chiamato crescita. Un prologo che reca in sé già il finale di questo cammino, è più di un prologo e meno di una storia: è anch'esso intriso di significato. Se si potesse leggere senza tenere aperti gli occhi il lettore si sentirebbe certamente oltre questo mondo, eppure in esso, per combatterci alla maniera del guerriero della luce.

13 maggio 2013

Die schweigenden Wörtern: l’indicibile della storia

Paul Celan  Martin Heidegger 
 Paul Celan Martin Heidegger 

Della poesia del Novecento tratto saliente sono gli eventi terribili che segneranno la letteratura del XX secolo. Il male delle due guerre e di una politica che tenta di trovare il suo centro ideale tra dittature e comunismi è lo stesso male che culmina nei pogrom degli ebrei, quelli marchiati dal nome della città tedesca Auschwitz. In Germania, in Italia e in altri paesi, la questione del male, che richiama anche il filosofo Kant, resta taciuta fino a quando la parola di alcune vittime operare un'azione purificatrice e liberatoria del male subito dagli altri. Tra coloro che richiamarono alla memoria l'ombra silenziosa della morte, ricordiamo Primo Levi in Italia e Paul Celan la cui identificazione geografica e culturale appare particolare e paradigmatica. Celan è rumeno ma grazie alla madre approfondisce la lingua e la cultura tedesca, scrivendo così più tardi in pura lingua tedesca. Celan è un rumeno che scrive in tedesco ma, e qui sta l'eccezionalità della sua natura, Celan è anche ebreo, un ebreo che scriverà in tedesco il canto della morte, grido silente degli orrori dei campi di concentramento. Una delle sue poesie più drammatiche e asciutte nel risultato linguistico che ne consegue, è Welchen der Steine du hebst (Qualunque pietra tu alzi). 

14 luglio 2011

«Il cuore del nulla»: Manganelli stupratore di sillabe

Che gli uomini vivi e domestici, i glabri progressisti sappiano che colui che siede accanto in tram può cavare di tasca un rasoio e segargli la gola; e sarà un festoso fontanare di sangue sulle giacche degli immortali tramviari.“L’archimandrita dei demonofili al suo gregge”

Ti ucciderò mia capitale

Non ho alcun dubbio: se Dio esistesse scriverebbe come Giorgio Manganelli. O forse no. La sua devozione “religiosa” all’infinito repertorio di parole che custodisce e adopera come cosa sacra, e forse anche il suo sadico gusto nell’indugiare su violenze e meschinità lo fanno, forse, limitrofo al divino. Ma «il gran sordomuto eterno», come lo definì Carlo Dossi, forse mai si spingerebbe come lui negli altrimenti inviolati territori della letteratura italiana.

3 febbraio 2011

L’amore carnale per una città in un capolavoro dimenticato di Dino Buzzati

Non date retta a chi decanta le gioie di una estate in città. Milano, senza i suoi abitanti, semplicemente non ha senso. Senza il viavai, senza le incazzature, i furgoncini degli artigiani in seconda fila e le macchine delle sciure che portano i figli all’asilo in terza, senza le polveri sottili, la metropolitana nelle ore di punta, senza gli impiegati e i mendicanti, senza tutto ciò, è come se perdesse la terza dimensione.
Gianni Biondillo, Per cosa si uccide
Dino Buzzati
Dino Buzzati
Un signore compito, educato. Un uomo perbene. Uno che viene dalla provincia, da buona famiglia e buone letture; colto ma non retorico, diretto, e in un certo senso “antiaccademico”, Buzzati era, soprattutto nel decennio dei sessanta, un “uomo d’altri tempi”.

20 dicembre 2010

Due racconti inediti di Oscar Wilde

Oscar Wilde

Continua a stupire il più noto affabulatore irlandese tornato alla ribalta a poco più di 110 anni dalla sua morte, con una serie di racconti inediti recuperati in antichi libri francesi degli anni ‘30 e finalmente tradotti in italiano. Può suonare strano ma stiamo parlando di Oscar Wilde
Questo nome ci riporta immediatamente alla memoria immagini evocative come quelle suggerite dal Ritratto di Dorian Gray o quelle paradossali da L’importanza di chiamarsi Ernesto. Come è risaputo durante i suoi viaggi in Francia egli era aduso intrattenere rapporti culturali con altri letterati del suo tempo deliziandoli con straordinarie parabole mai trascritte e affidate alla memoria dei suoi contemporanei, storie che dalla tradizione orale sono state raccolte in un volume dal titolo Le parole del Giglio. Riportiamo due racconti inediti tratti dalla seguente raccolta...

23 aprile 2010

Tony Pagoda: l’anti-Forrest Gump di Sorrentino

L'uomo in più
Toni Servillo in L'uomo in più, 2001

Le esistenze, sono solo tentativi, perlopiù fatti a cazzo.
Tony Pagoda

Meno di quarant'anni, quattro lungometraggi, dodici David di Donatello, otto Nastri D'argento, un Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, svariati altri premi in giro per il mondo e critiche addirittura imbarazzanti («diventerà una pietra di paragone per gli anni a venire», «Variety» su Il divo): Paolo Sorrentino.

4 aprile 2009

La letteratura: art pour l’art o arte per l’uomo?

letteratura

Qual è l’essenziale funzione della letteratura? E chi lo sa! Resta il fatto che alla scrittura, e generalmente a tutta l’arte, si addossa sempre il fardello d’essere portavoce virtuosa d’alcunché, ragion per cui ancora critici e studiosi ne discutono lungamente. Ecco le due risposte alla domanda che oggi sembrano più discordanti: quella che sostiene la purezza dell’arte fine a se stessa, e quella che, al contrario, scorge nell’arte un sigillo di moralità.