Quando per la prima volta lessi il capitolo de Il grande inquisitore all’interno de I fratelli Karamazov di Dostoevskij non mi resi conto della portata del testo, anzi ricordo che mi parve qualcosa di strano, tanto da non riporre l’attenzione di cui necessitava; è stato poi il suggerimento di un amico a farmi riprendere il testo, scoprendo quanto fosse pregno di sconvolgenti verità.
La leggenda del Grande inquisitore è molto citata nell’ambito della critica letteraria ma anche in ambito cattolico. In genere si sottolinea la potenza del messaggio e la forza con cui Dostoevskij esprime l’incapacità dell’uomo nel gestire l’ebrezza della libertà che gli è stata donata con la venuta di Cristo. È evidente una feroce critica all’ortodossia cattolica che in genere viene mitigata nei libri e negli articoli, ma nello stesso tempo c’è una comprensione delle sue drammatiche ragioni. Ciò porta ad un generico disinteresse verso le parti più scomode e irriverenti, forse perché ci si ostina nel leggere il testo seguendo solo un punto di vista “politicamente corretto”. La Chiesa Cattolica quindi ne esce devastata e compatita, secondo logiche che verranno man mano esposte in questo articolo.