28 settembre 2022

La soffitta dei segreti


Era appena uscito fuori da un vecchio libro impolverato. Un enorme, ingiallito, vecchio libro impolverato. Sul pesante frontespizio campeggiava, nell’imperituro rumore di una soffitta malandata, una scritta dorata: Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carrell. Si guardò intorno con insolito stupore e dovette constatare, con non poca gioia, che finalmente non era più seduto a quel monotono tavolo da tè a prendere del monotono tè con le stesse monotone creature: la Lepre di Marzo e il Ghiro. 

20 settembre 2022

Dorothy Parker, la fustigatrice viziosa (terza parte)

 

Non mi preoccupa quello che scrivono di me, basta che non dicano la verità

Dal 1927 al 1933 recensì con regolarità su «The New Yorker» nella sua rubrica fissa denominata Constant Reader, con il suo solito tono aspro e provocatorio. Nel primo anno della sua collaborazione con la rivista, scrisse una recensione entusiastica e provocatoria su Ernest  Hemingway che venne pubblicata il 29 ottobre: 

13 settembre 2022

Dorothy Parker, la fustigatrice viziosa (seconda parte)

 

Quella maledetta ebrea
The brightest girl in new York (La più brillante ragazza di New York)
Edmund Wilson – critico di «Vanity Fair»

Nonostante la triste esperienza matrimoniale, la carriera di Dottie a «Vanity Fair» decollò senza ostacoli, amata e odiata in egual misura, incuteva molto timore nel mondo dello spettacolo; era spregiudicata, pungente, un’intellettuale loquace, eccentrica, una giornalista mondana che si rammaricava un po' per non essere ancora riuscita a scrivere un romanzo, sebbene fosse consapevole dei suoi limiti: “Sono una scrittrice a breve distanza, inutile che provi a fare le mille miglia”. Nei suoi scritti, caratterizzati da uno stile elegante e arguto, traspariva comunque una nota malinconica, dal suono talvolta più nitido e intelligibile delle altre. Era perennemente insoddisfatta e cinica, spesso autoironica; l’interprete di un’epoca detta l’età del Jazz

9 settembre 2022

Dorothy Parker, la fustigatrice viziosa (prima parte)


Scusi lei è Dorothy Parker?
Si, perché le dispiace?

Dorothy Parker, pseudonimo di Dorothy Rothschild (il ramo povero dei mitici banchieri ebrei di etnia aschenazita, privo di qualsiasi titolo nobiliare o, semplicemente, un caso di omonimia) nacque la sera del 22 agosto del 1893, alle 21,50, a Long Branch nel New Jersey al 74th Street East e crebbe nell’Upper West Side, sull’isola newyorkese di Manhattan, che unisce Central Park con il fiume Hudson, un quartiere residenziale e commerciale, situato nella parte alta dell’isola (la parte nobile) in cui un numero significativo di lavoratori risultava impiegato, all’epoca, in ambito culturale e artistico, una sorta di ipotetica sedes sapientiae metropolitana, dove si trovano il Lincoln Center e il New York Philarmonic. 

5 settembre 2022

Letteratura e premonizione: sulle tracce del naufragio del “Titan”

Sento ancora lo sciabordio lento e inesorabile delle algide acque. La notte nera e silenziosa si staglia sulla superficie lucida di un gigante di ghiaccio. È lui il vero titano. Ha reso ridicola la presunzione dell’uomo, rimasta irretita nelle strette maglie dell’orgoglio ferito. E tale orgoglio non può avere che un nome, destinato a diventare leggenda, condannato a mutarsi in un mito dal sapore drammaticamente doloroso: Titanic. È l’aprile del 1912. Primavera, una primavera calma, contenuta, testimone di una storia nota, che si ammanta, nel ricordo collettivo, di tragicità e segna la fine di un’età luminosa, presto ottenebrata dall’incedere mortifero della prima guerra mondiale. La Belle Epoque ha indotto alla speranza, ha illuso con il luccichio delle sue vetrine, le gonne corte e leggere, la sognante incredulità del cinematografo, i boulevard affollati. La Belle Epoque, nella sua smania di ottimismo, ha siglato la sua maestosa fama con il sigillo di una nave considerata inaffondabile, che reca nel suo stesso nome l’ambizione dei suoi costruttori: il Titanic. E’ qui che comincia la nostra storia.