14 dicembre 2023

Il mestiere dello scrittore: le abitudini di Murakami e il piacere di scrivere


Haruki Murakami, tra gli scrittori più letti e amati al mondo, ha scritto un libro molto diverso dai romanzi che lo hanno reso popolare, in cui ha rivelato il suo metodo di scrittura e lo ha esposto al pubblico di lettori.
Pubblicato nel 2015 e giunto in Italia nel 2017, il libro si intitola Il mestiere dello scrittore.

Secondo Murakami, questo saggio non ha lo scopo di universalizzare il suo metodo di scrittura, né di scrivere un manuale valido per aspiranti scrittori, ma soltanto di raccontare il suo personale percorso autoriale.
Tuttavia, con la franchezza che lo contraddistingue, lo scrittore ammette anche che se qualcuno dovesse prendere ispirazione dai suoi metodi, ormai rodati dall’esperienza di oltre trent’anni di scrittura, questo non potrebbe che fargli piacere.

Nato a Kyoto nel 1949, Haruki Murakami è figlio unico di due insegnanti di giapponese.
La sua vita, come racconta, è proceduta tutta al contrario rispetto ai canoni della società giapponese e occidentale: prima si è sposato, poi ha iniziato a lavorare e infine si è laureato.
Nonostante ciò, Murakami si definisce come una persona semplice, ordinata, che vive un’esistenza regolare.

Fin dall’adolescenza, amava la letteratura e la musica jazz, interessi che hanno avuto spesso uno stretto legame nella sua vita: insieme a sua moglie, lo scrittore ha infatti gestito per anni un jazz club, che gli ha fornito molto materiale sia per i suoi personaggi che per le sue storie, nati non soltanto dalla passione per la lettura, ma anche dagli stimoli e dalle occasioni che lo scrittore ha saputo cogliere. 

Se qualcuno gli chiedesse le abitudini necessarie per diventare uno scrittore, Murakami risponderebbe dunque come ci si aspetta che un qualsiasi scrittore risponda:
  • leggere tanto e tutto,
  • osservare i fenomeni e gli eventi che accadono,
  • osservare le persone che ci circondano.
Nulla di nuovo: la capacità di osservare fa parte, infatti, dell’immaginario comune dello scrittore. Chi scrive ha imparato a leggere dentro gli eventi e riesce a rimodulare in parole tanti piccoli frammenti di realtà, vissuta o fantastica, attraverso un processo creativo che rende tutto eccezionale e fuori dal comune.

Sorge però spontanea una domanda: come si fa a scrivere qualcosa di straordinario senza averlo prima vissuto?

Alcune generazioni di scrittori hanno potuto attingere dalla propria esperienza della guerra - uno fra tutti Ernest Hemingway -, altri da episodi personali avventurosi - come Herman Melville, che si imbarcò su una nave già all’età di vent’anni -.
Tuttavia, non tutti gli scrittori hanno vissuto una vita avventurosa e non è stato certo questo il motivo che ha incrinato la loro carriera.

Secondo Murakami, non ci sono generazioni di scrittori superiori ad altre, ma tutte si equivalgono e tutte hanno a loro disposizione del materiale letterario da cui attingere.

Se aspirate a scrivere un romanzo, quindi, guardatevi attorno con attenzione – questa è la mia conclusione. Il mondo ci sembra privo di valore, ma in realtà è pieno di minerali affascinanti ed enigmatici. Il romanziere è qualcuno che ha la capacità di vederli ed estrarli. Altra cosa straordinaria, è tutto gratis. Se siete dotati di due occhi che sanno osservare, di quei preziosi minerali potete sceglierne e prenderne quanti ne volete.

Non è quindi importante vivere esperienze fuori dal comune, ma saperle trovare, sviluppando la capacità di fiutare i fatti straordinari che quotidianamente accadono e acquisendo una spiccata sensibilità culturale verso il mondo che ci circonda.


Quando gli venne l’idea di iniziare a scrivere, Murakami aveva riempito pagine su pagine in lingua giapponese, ma il risultato non lo aveva soddisfatto. Allora prese a scrivere in lingua inglese, per poi trasporre il testo nella sua lingua madre.
Ciò che ne venne fuori fu qualcosa di inaspettato: uno stile nuovo, diverso, tutto suo.
Questa sua novità di scrittura, che sembrava strizzare l’occhio a uno stile più occidentale, non gli procurò però molte simpatie tra i critici letterari in Giappone: come spesso accade, la letteratura che va oltre i propri confini geografici e porta con sé delle novità, non sempre viene accettata.

La sua regola principale consiste nel riempire dieci fogli da quattrocento caratteri ogni giorno e di procedere così fino alla fine della prima stesura. Dopo averla terminata, Murakami si riposa; poi riprende in mano il testo, lo corregge e di nuovo distoglie l’attenzione dal lavoro.
Questo trantran va avanti così ancora un po’ di tempo, tanto quanto basta a renderlo pienamente soddisfatto.
Il lavoro lo impegna molto, per cui arriva a dedicarvi cinque o sei ore al giorno. Alla fine, è così stanco che ha bisogno di riposare, ascoltare musica o leggere qualcosa.

Per compiere al meglio il suo mestiere di romanziere, Murakami non trascura attività che possano distrarlo dalla sua routine di lavoro.
In particolare, lo scrittore non fa mistero della sua passione per la corsa, che gli rende più facile mantenere l’abitudine di praticarla.
Riequilibra, così, il dislivello creatosi tra il corpo e la mente: secondo lo scrittore, è infatti essenziale regolare la forza fisica tanto quanto preservare l’energia mentale, perché è consapevole che l’una e l’altra sono fra loro collegate.

Quest’immagine di salute si scontra con l’idea diffusa secondo cui chi scrive deve necessariamente vivere in modo dissoluto, sfortunato e infelice:

Forse il pubblico in fondo è affezionato alla figura classica dello scrittore – un tipo che fa una vita debosciata, trascura la famiglia, tiene prestiti […] beve, va a donne, […] e nel corso di quest’esistenza disordinata e rovinosa crea opere d'arte. Oppure vuole uno «scrittore d'azione» uno che partecipi alla guerra civile spagnola, e sotto una pioggia di pallottole continui imperterrito a battere sui tasti della sua macchina da scrivere. Invece uno che abita in una tranquilla zona residenziale, che conduce una vita sana, ogni mattina senza eccezioni si alza presto e fa jogging […] si chiude a lavorare nel suo studio a ore stabilite, in realtà non piace a nessuno.

Ha ragione Murakami?
Sarebbe interessante chiederlo ai lettori.

Ad ogni modo, anche se è senza dubbio affascinante leggere uno scrittore sapendo che ha trascorso una vita appassionata e avventurosa, può essere altrettanto affascinante scoprire che le sue abitudini non sono dissimili da quelle del vicino della porta accanto. 

Comunque, a dispetto delle abitudini e della vita che potrebbe o non potrebbe avere, tra le caratteristiche che non devono mai mancare in uno scrittore, una, secondo Murakami, rimane necessaria e fondamentale: il piacere di scrivere.
Infatti, quando i primi entusiasmi passano e bisogna continuare a lavorare, è chiaro che tutto diventa più complicato e scrivere può risultare noioso e faticoso: secondo Murakami, è questo il vero motivo per cui di romanzieri che vivono solamente di scrittura non ce ne sono poi così tanti.

Il mestiere dello scrittore non è però qualcosa di utopico e irraggiungibile, a cui può aspirare solo chi è dotato di una mente brillante ed eccentrica.
Lo stesso Murakami ammette di non possedere il genio dell’artista e descrive la sua tecnica di scrittura come qualcosa che cresce insieme a lui, migliorando di romanzo in romanzo, e non come una qualità innata: la sua specialità di scrittore consiste infatti nell’aver trovato il proprio stile nel tempo, osservando e leggendo molto e poi provando a utilizzare tecniche via via più complesse, sperimentando le proprie capacità e raggiungendo obiettivi letterari sempre diversi.
Le abitudini, i pensieri e i consigli di Haruki Murakami non rappresentano dunque un borioso manuale di scrittura creativa, che pretende di aver trovato la formula vincente per poter diventare uno scrittore di successo, ma piuttosto un invito a riflettere sul mestiere di scrivere e sui suoi processi, sulla sua straordinarietà e, allo stesso tempo, la sua estrema ordinarietà.

È forse questo che rende il saggio di Murakami così godibile e pieno di speranza, soprattutto per chi sta iniziando a scrivere: il suo ricondurre il lavoro dello scrittore dall’ideale al reale.
Scrivere non è altro che un mestiere tra i tantissimi mestieri esistenti e quindi, come tale, fa parte di un percorso autentico, personale e in perenne costruzione.

Sarah Esthy

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