7 settembre 2012

Morte nel pomeriggio - Ernest Hemingway

Hemingway

La prima volta che andai a una corrida mi aspettavo di rimanere inorridito e forse nauseato da ciò che mi avevano detto sarebbe accaduto ai cavalli. Tutto quello che avevo letto intorno all'arena insisteva su questo punto; la maggior parte di coloro che ne scrivevano condannavano le corride come una stupida faccenda brutale, ma anche coloro che ne parlavano bene, considerandole dal punto di vista spettacolare e come esibizione di abilità, deploravano l'uso dei cavalli con tono di scusa. L'uccisione dei cavalli nell'arena era considerata insostenibile. Ritengo che da un moderno punto di vista morale, vale a dire da un punto di vista cristiano, l'intera corrida sia insostenibile; c'è senza dubbio molta crudeltà, c'è sempre morte e non intendo tentare di sostenerla ora, ma soltanto di raccontare onestamente la verità che ho scoperto a questo proposito.
Per far questo devo essere assolutamente sincero, o tentare di esserlo, e se coloro che leggeranno questo libro decideranno con disgusto che è scritto da qualcuno che è privo della loro finezza di sensibilità, non mi resta altro da fare che ammetterlo per vero. Ma chiunque legge queste pagine può formulare con fondatezza un giudizio soltanto quando, sia uomo che donna, abbia visto le cose di cui si parla e conosca veramente quali sarebbero le sue reazioni ad esse.


Per comprendere appieno questo libro di Hemingway non basta leggerlo: occorre seguire una corrida. Nella corrida c'è l'uomo col suo coraggio, con il suo istinto, con l'arte ed il mestiere del torero e c'è la morte, ossia il toro. La corrida è il gioco o la danza dell'uomo con la morte. Non un modo per anestetizzare la paura ma per fare del morire una vera e propria arte, rendendo bella - nel susseguirsi dei momenti del levantado, parado ed aplomado - persino la carica minacciosa di un toro pronto al colpo micidiale.

Non è solo un trattato di tauromachìa ma soprattutto la summa dell'ideologia di Hemingway sulla vita, il suo senso/non senso, l'arte del vivere e l'abiezione del sopravvivere. Un uomo non può limitarsi ad esistere ma deve affrontare la realtà, deve combattere e cercare di affermare se stesso o le sue idee: così non sarà mai sconfitto, e pur nella disfatta diventerà un eroe. Tutto il resto scorre senza senso, in modo ordinario. La morte è la parte straordinaria della vita e l'arte di affrontarla è l'arte di dare senso alla vita.

Non si può guardare negli occhi un toro che carica senza passione o amore. Vivere affrontando morte e vita insieme, facendone un unicum di senso significa amare appassionatamente, pur nella consapevolezza della inutilità del tutto. Solo l'uomo col suo coraggio non è inutile e non lo è perché ha vissuto ed amato, e non è semplicemente sopravvissuto.


Nessun commento: