25 aprile 2014

Matisse ed il senso religioso della vita

Quando si pensa a Henri Matisse, viene facile e quasi scontato, associarlo unicamente alla sua esperienza come leader del movimento fauvista. Una buona occasione per comprendere meglio il suo originale percorso artistico, è fornita dalla mostra Matisse: la figura – La forza della linea, l'emozione del colore, organizzata a Ferrara presso Palazzo dei Diamanti. Visitabile fino al 15 giugno 2014, l'esposizione racconta il pittore attraverso cento capolavori - fra sculture, opere pittoriche e litografie - organizzati in progressione cronologica e provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo.


Autoritratto

Nella prima sala, la curatrice Isabelle Monod-Fontaine, ex direttrice del Centro Pompidou, presenta Matisse con il potente Autoritratto del 1900, affiancandolo da poche opere più o meno contemporanee: una scelta corretta e saggia, finalizzata a far comprendere immediatamente al visitatore l'originalità creativa e figurativa del pittore francese. Nell'Autoritratto, infatti, l'influsso del maestro Gustave Moreau è ancora molto forte, soprattutto per quanto riguarda la scelta dei colori: rappresentato di tre quarti e leggermente curvo, Matisse ricorre ad un verde acido che sfuma nel giallo, accostandolo a toni di blu intenso, grigio-azzurro e qualche terra. Con poche pastose pennellate, egli lascia trasparire dal suo volto - le sopracciglia leggermente aggrottate -una certa inquietudine psicologica che, pochi anni dopo, sfocerà nella produzione rivoluzionaria delle "belve".
Con la nascita del gruppo Fauve, ma ancora forte dell'esperienza cézanniana, Matisse è deciso a fare il passo successivo portando all'esasperazione la linea ed il colore; la prima viene scomposta in contorni netti, spessi e talvolta spigolosi, il secondo è usato in modo puro al fine di annullare qualsiasi senso di profondità: una sperimentazione sovversiva ed in netto contrasto con i principi estetici dell'Accademia che lo stesso critico Louis Vauxcelles sottolineerà, in occasione della prima mostra al Salon d'Automne del 1905:

«Sala arci-luminosa, degli oltraggiosi, dei rivoluzionari, dei quali è bene decifrare per bene le intenzioni, lasciando ai maligni e agli sciocchi il diritto di ridere [...]. Al centro della sala, un busto infantile e un piccolo busto in marmo di Albert Marquet, modellati con sapiente delicatezza. Il candore dei due busti sorprende in mezzo a questa orgia di toni puri: Donatello tra le belve».

La semplificazione della figura umana, in quel periodo al centro dell'indagine matissiana, vede nel dilagante flusso di arte primitiva proveniente dalle colonie francesi, la sintesi perfetta verso la quale guardare: la figura diventa piatta, grazie ad un colore pastoso, steso a grandi campiture. L'interesse primario è per il soggetto declinato in una sorta di decorativismo che nel corso di pochi anni diventerà preponderante.
Lo studio relativo alla forma, al volume ed alle sue potenzialità espressive coinvolge anche la scultura: nasce la fortunata serie dei nudi femminili, per certi versi ispirata alle Veneri paleolitiche, ma arricchita da Matisse, da un'irresistibile tensione fisica che annulla ogni staticità, conferendo, equilibrio e movimento.
Esempio di tale tensione è rappresentato dalla postura di Nudo disteso (Aurora) del 1907, nella quale la modella, distesa su un fianco, si puntella sul gomito. Il vibrante senso di trazione determinato dal braccio che sostiene tutto il peso del corpo, rende questa piccola scultura ricca di chiaroscuri e vibrazioni.


Nudo disteso 

Sciolto il gruppo fauvista, Matisse non esita a continuare la sua intima ricerca personale. Nel corso del suo cammino artistico, infatti, egli si accosterà ad una serie di differenti sperimentazioni quali il cubismo che, nel contesto della mostra ferrarese è ricordato per certi versi dalla costruzione volumetrica di Natura morta con edera e bagnante. Negli anni successivi la Prima Guerra Mondiale, l'artista schiarisce la sua tavolozza e ritorna ad una certa soavità di colori: in Giovani ragazze in giardino (1919) il soggetto è un gruppo di giovani donne che, godono del relax offerto dalla natura circostante. I contorni sono ancora molto marcati, ma i colori risentono di un addolcimento, grazie al rosa ed al rosso mattone del tappeto sul quale è distesa la ragazza in primo piano. Nonostante sia ancora nulla la resa prospettica, i toni sembrano sfaldarsi, soprattutto in prossimità dei piedi e suggeriscono una sensazione di calore avvolgente.
Giovani ragazze in giardino

L'attrazione di Matisse nei confronti del mondo femminile, si consoliderà negli anni successivi, attorno al tema della modella ritratta in studio. In particolare, fra il 1911 ed il 1913, dopo aver trascorso due inverni a Tangeri, egli guarderà all'universo sensuale ed erotico dell'harem arabo, come al contesto più adatto per trasmettere quella carica emotiva comunicata dalla dolcezza del corpo femminile. Le odalische di questi anni saranno giovani modelle in abiti esotici, talvolta seminude, ritratte all'interno di sfarzose alcove.

Tutta la serie delle odalische è infatti accomunata da una ridondanza, più o meno fitta, di decori e arredi all'interno dei quali, è mollemente distesa la ragazza, abbigliata con trasparenze sensuali, secondo l'uso dell'epoca. L'Odalisca con pantaloni grigi (1926-27) è una perfetta sintesi di tutti i punti che Matisse, fino ad allora, ha portato avanti: all'interno di una nicchia arricchita da morbidi cuscini colorati e tappeti, è sdraiata, a seno nudo, la modella. Lo spazio piatto è un continuo susseguirsi di strisce, arabeschi e tendaggi i cui toni si susseguono con rapidità richiamandosi a vicenda. I grigi ed i verdi smorzano il calore dei rossi intensi e dei gialli che non solo suggeriscono la preziosità aurea di un voluminoso oggetto d'arredo alle spalle, ma richiamano anche la composizione floreale che, su un comodino del tutto estraneo alla moda araba, sembra l'unico intruso "europeo" all'interno della composizione. Linee e forme sono nette, ma appaiono più morbide e quasi si amalgamano fra loro.
Nel 1922, Matisse inizia a declinare le sue odalische attraverso la fortunata sperimentazione della tecnica litografica con la quale modula sapientemente il chiaroscuro definendo forme e volumi in modo dolce e raffinato.
Accanto a questo susseguirsi di intime atmosfere, si affacciano anche le due grandi teste di Jeanette. Della modella prediletta in quegli anni, Matisse ricostruisce il volto con volumi possenti ed incisivi, i tratti esasperati in una semplificazione volumetrica portata all'ennesima potenza.

Odalisca con pantaloni grigi 
Anche il disegno è ormai una linea arabescata che, nei ritratti della figlia raccolti in un'unica successione, appaiono come una serie di fotogrammi cinematografici nei quali l'essenza, il carattere e la personalità solare della ragazza vengono colti e resi manifesti.
Una mostra ricca, completa ed esaustiva che punta ad approfondire la personalità di Matisse attraverso un lungo lavoro di autoanalisi, sperimentazione e sintesi. Con cento opere in continuo dialogo tra loro, il visitatore ha la possibilità di comprendere la completezza e la complessità della ricerca matissiana, focalizzata sulla forma e contemporaneamente declinata attraverso ogni possibile strumento espressivo.
Una ricerca solitaria e silenziosa, unicamente spezzata dai numerosi viaggi e dalle lunghe ore di posa con le modelle, con le quali instaurava una sorta di simbiosi. I colori, caldi, pastosi, squillanti, rivelano tuttavia una personalità scientifica che si accosta alla modella in modo quasi analitico e, solo in un secondo momento, emotivo. Quello di Matisse è, in effetti, un lunghissimo esperimento sulla forma, inseguita per tutta una vita, fino al raggiungimento dalla sua massima semplificazione: la linea.

Matisse: la figura – La forza della linea, l'emozione del colore
Ferrara – Palazzo dei diamanti
22 febbraio – 15 giugno 2014
Aperto tutti i giorni (anche a Pasqua e il Lunedì dell'Angelo)
9:00-19:00 – orario continuato

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