29 ottobre 2022

Omaggio a Grazia Varisco

Grazia Varisco

E’ con somma sorpresa che mi ritrovo nelle stanze di Palazzo Reale per la mostra dedicata all’artista Grazia Varisco. Lei è il quinto elemento e l’unica donna del Gruppo T (dove T sta per “tempo”), formatosi agli inizi degli anni Sessanta a Milano.

Chi di voi abita a Milano si sarà reso conto della quantità di cantieri diffusi nella città. Mega costruzioni che ingombrano lo spazio urbano fregandosene del mondo, che ci ricorda quanto sia vitale la presenza di alberi per la sopravvivenza dell’uomo sulla madre Terra. Riconosco che Milano è pur sempre una città generosa che riesce ancora a donare cultura conoscenza e sorpresa a chi la sa guardare con curiosità ed attenzione. E’ così che si svela, tra le brulicanti contraddizioni presenti nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Rogoredo, il manifesto della mostra dedicata all’artista Grazia Varisco. Lei è il quinto elemento e l’unica donna del Gruppo T (dove T sta per “tempo”), formatosi agli inizi degli anni Sessanta a Milano. Ho già ampiamente parlato del grande Gianni Colombo nell’articolo Equilibrio e con immenso piacere torno a raccontare le esperienze cinetico-percettive del Gruppo T. Al centro delle prime composizioni artistiche di Grazia Varisco c’è il coinvolgimento dello spettatore attraverso gli Schemi luminosi variabili (1961–1968), segni geometrici su lastre di Perspex trasparente che, alimentati da un motore interno, creano infiniti movimenti luminosi, illusioni ottiche e suggestioni psichedeliche. Le figure geometriche bidimensionali (quadrato, cerchio, triangolo etc.) sono sempre state alla base di ogni espressione artistica e l’uomo degli anni Sessanta intuisce la necessità di rivelarne le potenzialità celate. Sarà Gino De Dominicis ad introdurre nel mondo dell’arte contemporanea il tema dell’invisibilità. Cosa si nasconde dietro un’opera artistica? Ecco che Gino De Dominicis nel lontano 1969, per la prima volta segna col gessetto bianco un quadrato sul pavimento della sala espositiva e chiama l’opera Cubo invisibile. Una figura bidimensionale, il quadrato, patrimonio della conoscenza culturale universale, potrebbe però nascondere in realtà un volume che abita lo spazio, un oggetto tridimensionale normalmente invisibile. Ecco che l’artista ci chiede di aprire gli occhi, di gettare lo sguardo oltre le convenzioni, al di là dell’ordine costituito. Resto a bocca aperta, sbalordito dalla profondità del messaggio donato a tutti noi dall’artista. Finalmente intuisco la potenza rivelatrice del “taglio sulla tela” di Lucio Fontana che per primo ci suggerisce di guardare oltre, creando un varco verso l’ignoto, un segno di luce verso l’aldilà. 

Cubo invisibile, foto di Angelo Massimo Gulino

Ho immaginato un legame tra il quadrato bianco di De Dominicis e la serie di opere Meridiana che Grazia Varisco realizza a partire dal 1974. Nella Meridiana parte del perimetro della superficie (del quadrato), piegato e sollevato, gioca con l’ombra che proietta, la piega si solleva, la forma si alza, anima lo spazio vuoto, non lo occupa, lo attraversa. Anche qui la geometria piana diventa tridimensionale entrando in dialogo con lo spettatore che è invitato a vivere un’esperienza spaziale. 

Meridiana, foto di Angelo Massimo Gulino

Il concetto che accomuna queste sperimentazioni è che sono lavori pensati per disturbare la regolare percezione che uomini e donne hanno dello spazio e del tempo.  L ’artista si muove agevolmente e con leggerezza tra i vari strumenti a disposizione, dal disegno su cartoncino grigio al modellino in scala, dalla macchina luminosa a parete alla scultura tridimensionale. Ne è un esempio la scultura Soglia che è un vuoto messo all’angolo: due elementi lineari disarticolati e posizionati in modo non ortogonale identificano i tre piani dello spazio e suggeriscono un vuoto disposto ad ospitare, ad accogliere. Lo spettatore è invitato ad interagire con questa porzione di spazio, ad entrare ed uscire dalla dimensione tridimensionale, dall’idea suggerita che in quell’angolo ci sia un volume invisibile dal quale siamo attratti. Due elementi in legno falsi stipiti, posizionati in quel modo, attivano una sorta di calamita che attira a sé il passante distratto coinvolgendolo nella rappresentazione che l’artista mette in scena durante la mostra.

Soglia, foto di Angelo Massimo Gulino

E’ interessante notare il metodo di lavoro dell’artista, che divide chiaramente il proprio lavoro per fasi, ognuna dedicata ad un tema ben preciso, tutti legati da un filo rosso che ne armonizza il percorso. Il tempo passa e nel 2010 nasce un nuovo progetto dal titolo Risonanza al tocco che focalizza l’attenzione sul suono e il senso dell’ascoltare.  

Risonanza al tocco,
foto di Angelo Massimo Gulino
Risonanza al tocco,
foto di Angelo Massimo Gulino

Attende impaziente il tocco dello spettatore e, inaspettatamente, le strisce metalliche iniziano a vibrare, producendo suoni diversi ad ogni nuovo movimento. La bellezza del sottile metallo inciso con raggio laser e l’essenzialità del segno, ci ricordano la grande capacità di sintesi e la complessità del messaggio che l’artista sapientemente cela dietro l’apparente semplicità del gesto.  

Angelo Massimo Gulino

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