13 settembre 2025

Pina Bausch e il Tanztheater

© Ph. Wilfried Krüger | Pina Bausch 

Il mondo dell’arte ormai da tempo ci ha abituati a delle manifestazioni molto interessanti, ibride, che si potrebbero definire “osmotiche”, in cui le sue varie forme sono caratterizzate da un passaggio di elementi che ne cambiano i connotati originari. Così il teatro si mescola con il cinema, la pittura con la fotografia, la musica con la letteratura. E il pubblico assiste mostrando reazioni completamente diverse, a volte una promettente curiosità, altre completa perplessità, ma, nella maggior parte dei casi, questi esperimenti artistici non passano inosservati e non restano in ombra, ma diventano, anzi, oggetto di studi e approfondimenti. Uno degli esempi meglio riusciti e più importanti di “osmosi artistiche” nella storia della cultura recente è quello del Tanztheater della danzatrice e coreografa Pina Bausch.

Pina Bausch nasce nel 1940 a Solingen, a 15 anni viene accettata nella Folkwangschule di Kurt Jooss e quattro anni dopo si diploma, ottenendo una borsa di studio che le consente di frequentare un corso di perfezionamento negli Stati Uniti d’America. Nel 1962 ritorna in Germania dedicandosi alla danza espressionista (Ausdruckstanz) e nel 1973 fonda la compagnia Tanztheater Wuppertal, riconosciuta a livello internazionale. Dopo una vita interamente dedicata alla danza, Bausch muore nel 2009 a Wuppertal a causa di un tumore a 68 anni.

Il Tanztheater o teatrodanza, come suggerisce lo stesso nome, è una danza caratterizzata da grande teatralità e in cui non vi è alcun rigido confine fra le due forme d’arte. Le opere del Tanztheater sono intense e le atmosfere piene di umanità presenti sul palcoscenico non lasciano indifferente il pubblico spettatore, che riesce ad immedesimarsi nelle vite e nel sentire dei “danzattori”. A tal  proposito, il critico Norbert Servos, ha definito il teatrodanza di Pina Bausch come un’ “archeologia del quotidiano”, proprio per la sua capacità di regalare al pubblico una vasta gamma di esperienze umane ed universali attraverso la sua arte.

Fra le opere più importanti di Bausch si ricordano: Le Sacre du Printemps del 1975, Blaubart del 1976, Café Müller del 1978 e Palermo, Palermo del 1989.

Elena Randi, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo, spiega così il modus operandi adottato da Bausch per la costruzione dei suoi spettacoli a partire dal 1978:

Tutto comincia con un periodo di domande e risposte (un paio di mesi): Pina Bausch pone ai danzatori domande o suggerisce temi sui quali intervenire e chi vuole risponde alla sollecitazione; può farlo impiegando parole o movimenti o entrambi i linguaggi. […] Una volta terminata questa fase, in un paio di settimane ella sceglie i materiali tra l’enorme quantità prodotta e li monta assieme, concependo una sorta di collage di azioni e – in misura minore – di parole. Si tratta […] di un problema di composizione che spetta unicamente alla regista: ella seleziona le risposte da tenere, dà loro un ordine nel quale verranno rappresentate, decide in che rapporto porle l’una rispetto all’altra. Alla fine, di danzato nel senso tradizionale del termine c’è poco o niente. […] L’argomento primo di questi spettacoli è l’io degli interpreti.

Uno dei lavori più importanti di Bausch, proprio del 1978, è Kontakthof (Luogo dei contatti).  Questi alcuni dei temi suggeriti da Bausch ai danzatori per la creazione di Kontakthof: “Metti in mostra parti di te”, “Scarpe strette”, “Trova varie cose da ridire su altri”, “Fai i dispetti fingendo inizialmente di compiere un gesto gentile”, “Tenerezze verso te stesso”, “Metti in risalto qualcosa del vestito”, “Flirtare”, “Vari modi di suicidarsi”, “Vari modi di ridere”, “Vari modi di sedersi”, “Il frammento di una storia”, “Cosa fai quando sei imbarazzato”, “Toccare qualcuno in dieci punti diversi”. 

Dopo la scomparsa di Pina Bausch, il figlio Salomon dà vita alla Pina Bausch Foundation che è ufficialmente proprietaria di archivi, diritti d’autore, costumi e scenografie, mentre il Tanztheater Wuppertal ha continuato e continua ancora adesso la sua attività. In un interessante contributo di Gaia Clotilde Chernetich presente all’interno della rivista accademica «Danza e ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni» intitolato Dopo i Neues Stücke del 2015. Dialoghi tra creazione e repertorio: Dimitris Papaioannou e Alan Lucien Øyen coreografi per il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, si fa il punto sullo stato dell’arte del lavoro del Tanztheater Wuppertal a seguito della morte della coreografa. Queste le parole di Chernetich:

Il presente del Tanztheater Wuppertal sembra [...] costruirsi, sul piano drammaturgico, attorno a forti evocazioni poetiche a cavallo tra astrazione, fantasia e vita quotidiana, e, sul piano coreografico, attorno a un’eccellenza tecnico-compositiva. Le scenografie sono in linea con quelle del repertorio Bausch in termini di opulenza e di complessità, ma anche nell’imponenza delle dimensioni e nella possibilità di entrare in relazione diretta con il movimento, influenzandolo e rispondendo ad esso. I danzatori e le danzatrici recentemente entrati nell’organico dell’ensemble sostengono ruoli solisti o duetti complessi e virtuosi che fanno risaltare le loro qualità interpretative e la loro flessibilità tecnica e stilistica. Nel complesso, emerge un rapporto ben bilanciato tra continuità e discontinuità in relazione al passato della compagnia.  

Nel 2011 il celebre regista tedesco Wim Wenders realizza un lungometraggio documentario in 3D dedicato proprio a Bausch, intitolato Pina, presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Cinema di Berlino del 2011 e, in seguito, al Festival del Cinema di Roma nella sezione “Eventi speciali” sempre nello stesso anno. La genesi progettuale del documentario si ha nel 1985, quando Wenders incontra per la prima volta a Venezia la coreografa, ma solo dopo l’avvento del 3D il cineasta capisce che è quella la giusta chiave per immergersi al meglio nel contesto artistico della danza di Bausch. Quest’ultima vede ed approva lo storyboard dell’opera che, però, esce solo due anni dopo la sua scomparsa.


Francesca Bella

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