9 settembre 2025

Vampyr – Il vampiro di Carl Theodor Dreyer ovvero il sonno della ragione che genera i vampiri

In questa pellicola grottesca del 1932 il regista danese mette in scena l’eterna lotta tra la ragione e il male che si nasconde nell’animo umano. 

Conclusa la lavorazione della Passione di Giovanna d’Arco, celebre lungometraggio storico sulle ultime ore di vita della pulzella di Orléans, Dreyer, per staccarsi da un cinema di tipo religioso, decise di dedicarsi alla realizzazione di una pellicola gotica ispirata da un racconto di Sheridan Le Fanu, Carmilla. Dopo il Nosferatu di Murnau e il Dracula di Browning, il regista danese mette in scena l’anomala storia di un vampiro, dal nome Marguerite Chopin, che terrorizza la famiglia di un castellano in un villaggio della Francia. Anomala sia perché per la prima volta la vicenda non si ispira all’opera nota di Bram Stoker, sia perché Dreyer non si mostra particolarmente interessato alla figura del vampiro che compare per pochi minuti sullo schermo, sia perché questo horror presenta poche caratteristiche tipiche del genere. Vampyr è più un film grottesco che dell’orrore

Questa è la storia delle strane avventure del giovane Allan Gray, il quale si immerse nello studio del satanismo e dei vampiri. 

Con questa inquietante didascalia prende avvio la storia con protagonista un giovane, Allan Gray, dagli interessi molto particolari: infatti si diletta nello studio del satanismo e del vampirismo. Tali indagini lo conducono, una sera, in un villaggio della regione della Loira nel quale avvengono strane vicende provocate dalla presenza maledetta di un anziano vampiro. Il giovane studioso incontra causalmente un vecchio castellano, vittima del mostro, che si dispera per le sorti della figlia, Léone, la quale manifesta degli strani e imprevedibili comportamenti. Sarà compito di Allan sconfiggere il demone e il suo aiutante, l’anziano medico del villaggio, per salvare la famiglia dalla maledizione. 

Ossessionato da superstizioni arcaiche, divenne un sognatore per il quale la realtà si mescola al sovrannaturale. 

In queste parole si condensa il significato della storia raccontata da Dreyer e il senso dell’intera pellicola. Il vampiro, già con la figura di Dracula, rappresenta l’incarnazione del lato più oscuro, depravato e violento dell’animo umano, contraddistinto da appetiti perversi e impulsi immorali. Anche questo caso non fa eccezione perché il mostro, le cui spoglie sono seppellite nel villaggio stesso, è l’allegoria negativa degli effetti devastanti che esercita sulla persona il sonno della ragione. Se nell’acquaforte del pittore spagnolo Francisco Goya la schiena del dormiente è oppressa da figure mostruose di animali, nella pellicola la mente di Allan Gray è popolata da ombre bizzarre. Queste ultime compiono le più strambe attività: danzano nervosamente al suono di un violino stregato, si staccano e fuggono dai corpi ai quali appartengono, commettono omicidi e scavano fosse. 

La luce della luna dava alle ombre, alle voci e ai volti un aspetto irreale. Allan Gray sentì le tenebre prendere il controllo. Invano lottò col terrore che lo ghermiva e la paura di cose innominabili lo seguì anche nei sogni. 

Gli studi su vecchie e oscure superstizioni, che occupano la mente di Allan Gray, lo hanno spinto pian piano verso la follia ed il villaggio nel quale si muove non è altro che la proiezione della sua mente, non più dominata dalla ragione ma dalla pazzia e dall’illogicità: ecco perché le ombre commettono azioni bizzarre! Ad accentuare questa inquietante condizione è l’atmosfera che caratterizza il luogo: i contorni sono sfumati, i confini non sono ben delineati come se gli oggetti e le persone fossero immersi in una nebbia perenne che li condanna ad un presente di alienazione, solitudine ed impotenza contro le forze oscure del male. Da notare che Allan si muove come un automa, ha gli occhi sempre sgranati e sorpresi, il suo volto sospeso è simile a quello di un addormentato perché è la raffigurazione di coloro che smarriscono la ragione e rimangono prigionieri di forze demoniache

Con la vittima in suo potere, il vampiro prova a spingerla al suicidio per consegnare la sua anima al Maligno. Così la vittima è dannata per l’eternità. I cancelli del cielo le sono preclusi per sempre. 

Già in una pellicola precedente e poco conosciuta del 1920, La vedova del pastore, Dreyer mostra il fascino esercitato da antiche pratiche pagane che convivono assieme a riti cristiani. Questa seduzione domina anche Allan Gray che ne rimane vittima. Cosa provocano queste passioni oscure che assopiscono la mente? Il vampiro di Dreyer è la violenza cieca che colpisce un’intera famiglia e un villaggio; è l’appetito egoista ed insaziabile che provoca dolore agli altri pur di essere soddisfatto; è l’ambiguità che impedisce di riconoscere il vero dalla menzogna; è la solitudine di chi ne è vittima ed è impotenza per chi non riesce a fermare questa forza devastatrice. In poche parole, il mostro è angoscia e tormento

Questi morti senza pace devono essere assassinati per liberare dalla loro stretta l’umanità tormentata. 

Il vampiro è, in ultimo, la morte. Due sono le immagini suggestive della pellicola: la prima è quella di un uomo vestito con un impermeabile e con una falce in mano che si ferma lungo la riva del fiume dove sorge la locanda presso la quale pernotta il giovane studioso; la seconda è la potente soggettiva che segue la sepoltura di Allan Gray. Se si permette al lato oscuro, che si agita nell’anima di ciascun essere umano, di prendere il sopravvento si finisce per morire sia spiritualmente che fisicamente. Di ciò fa esperienza il protagonista della pellicola. Alla fine, però, riuscirà a ripristinare l’ordine uccidendo il vampiro nella sua bara con un paletto di legno. 

Proseguendo nella visione, lo spettatore non può non collegare l’opera di Dreyer ad altre, ad essa antecedenti e successive. 

Il protagonista della storia veste in giacca e cravatta e questo particolare abbigliamento richiama alla memoria alcune opere d’arte del pittore belga Magritte, sebbene quelle che verranno citate siano successive al film. I personaggi della Riproduzione vietata o del Principio di piacere sono banali, comuni, in giacca e cravatta ma, come Allan Gray, si ritrovano in una realtà da incubo nella quale ogni convenzione logica e razionale è annullata; nel primo dipinto un uomo non riesce a vedere allo specchio il proprio volto, nel secondo la faccia del modello è coperta da un bagliore inquietante di luce. Altro piccolo parallelismo lo forniscono le opere letterarie di Kafka, come il Castello. Anche in questo romanzo incompiuto compare la figura di uomo errante che viene inviato in un villaggio dominato da un castello imponente la cui ombra annichilisce ogni senso e coerenza. Come nell’opera dell’autore boemo, anche Allan, nelle sue matte peregrinazioni, capita in un villaggio non dominato da un edificio ma da un vampiro che addormenta la ragione e sprigiona ogni sorta di malvagità e di bizzarria che si celano nell’animo umano. 

Emmanuele Antonio Serio

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