6 marzo 2023
Intervista a Jean Paul Manganaro su Carmelo Bene
29 aprile 2022
Il Magnifico Ruzante
“Magnifico” è l’aggettivo con il quale Ludovico Ariosto presentava uno dei più grandi teatranti del Cinquecento ovvero Angelo Beolco, detto il Ruzante. Quest’ultimo nacque a Pernumia, nei pressi di Padova nel 1502, da un dottore in arti e medicina, e da una inserviente di casa Beolco, di nome Maria. Il suo duplice genio di attore e autore fu accolto dai suoi contemporanei con lunghi applausi, il suo nome venne costantemente posizionato accanto a numerosi superlativi, come ad esempio “famosissimo” e “nominatissimo”; tanto è vero che egli fu accostato a due autori latini in auge ancora oggi: Plauto e Roscio.
.jpeg/725px-Ruzzante_(Tomasini).jpeg)

18 marzo 2022
Carmelo Bene e il delirio nella phoné: uno strano interludio nel grembo materno
Solo Carmelo Bene in scena, anzi nemmeno lui, lui-soggetto, ma una sublime e geniale macchina attoriale che cita e si cita continuamente. Omero, Stazio e Kleist, è lui Achille! Camicia bianca d’Amleto e pantaloni neri, capelli rossastri di Pinocchio. Non più corpo, non più voce, ma un amplificato corpo della voce che pare ergersi come unico vero e fisicamente presente.


9 settembre 2021
La decodificazione di Medea attraverso Corrado Alvaro
Corrado Alvaro scrive La lunga notte di Medea dopo la seconda guerra mondiale. Anche se il retroterra è quello del mito antico il risultato è una contemporaneizzazione del mito: la storia è sì ambientata a Corinto ma lo scenario potrebbe essere quello di qualsiasi altro luogo o periodo storico.


23 agosto 2021
Molière e L’école des femmes: la plurisecolare battaglia femminista
Che cosa significava nascere donna nel XVII secolo? Chissà se qualcuno si è mai chiesto quali fossero i gusti di una donna, cosa le piacesse e cosa invece non preferisse affatto, a cosa pensasse quando era in silenzio e cosa sognasse di diventare da grande.


10 aprile 2021
La Ragione nella Follia: “Il Misantropo” di Molière
«Dove siamo?
Dovunque mi volti, non vedo che dei folli.»
Molière, Les fâcheux
Per Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, il 1664 sembra essere l’anno della svolta: già popolarissimo a corte grazie alle prime farse e commedie di enorme successo, in primavera la sua nuova pièce, Le Tartuffe, ou l’Hypocrite, va in scena a Versailles per la prima volta. Il drammaturgo parigino si sente pronto, forte della convinzione che si porta dietro fin dagli esordi: la commedia non può (e non deve) accontentarsi di parlare solo di corna e gelosia, scappatelle e paturnie amorose; il suo compito è piuttosto capire cosa non va nella società, metterlo in ridicolo e cambiarlo attraverso la risata, stimolare la riflessione nel pubblico senza però rinunciare alla sua vocazione comica. Ed è proprio questo che Tartuffe rappresenta, lo sforzo maggiore mai compiuto da Molière in tal senso, la tappa più importante del suo progetto di “nobilitazione del ruolo della commedia”.


8 gennaio 2021
Natale in casa Cupiello: il gioco degli opposti
Vita e Morte; Infanzia e Età Adulta; Innocenza e Ipocrisia; Ingenuità e Consapevolezza; Commedia e Tragedia: Natale in casa Cupiello mette in scena lo scontro dei contrari


18 dicembre 2017
"Il giuramento" di Claudio Fava

15 luglio 2015
Grotowski: il teatro dell’effimero


11 aprile 2011
Il teatro della verità di Marco Paolini



17 marzo 2010
Il teatro dei popoli primitivi

1 febbraio 2010
Un figlio prigioniero
«La vita è una grande pupazzata, ognuno riceve dalla società almeno un’etichetta che non gli si addice, una pagliacciata alla quale si può sfuggire solo attraverso la scrittura ». Così definisce la vita e la società Luigi Pirandello.
L’inquietudine e una solitudine a tratti disperata sono la costante dell’esistenza di Pirandello che tra il 1919 e il 1936 vive e scrive negli alberghi dei più importanti centri teatrali europei e americani; un volontario esilio, una protesta contro il mancato sostegno del fascismo e contro l'ambiente culturale e teatrale italiano («Pirandello ha un brutto carattere» sostiene il Duce). Ed è proprio in questi anni che inizia un fitto dialogo epistolare con il figlio Stefano. Una singolare simbiosi tra i due, sia parentale che letteraria, un duello epistolare in cui emerge da una parte tutto il carattere dello scrittore, dell’uomo Luigi, dall’altra la ribellione di Stefano alla conquista di uno spazio tutto suo… «per non restare un figlio, sempre figlio», «uno che è figlio di Pirandello ma che poi certo non può essere Pirandello», come egli stesso afferma.


29 gennaio 2009
Se la danza s’immerge nella realtà

