26 maggio 2025

L’arte teatrale di Dario Fo

Teatro, arte antica che abbraccia popoli di tutto il mondo, è racconto di vite, di anime, di possibilità. È corpo che si muove e voce che si innalza a pochi passi dal pubblico che si riconosce, applaude, riflette. Nel tempo, il teatro, nonostante l’arrivo delle arti tecnologiche, è ancora qui e, nella sua purezza, resta ancora in vita come una certezza, ovvero quella per la quale gli esseri umani hanno bisogno di essere raccontati. Fra i vari artisti che per anni hanno calcato palcoscenici di tutta Italia, facendo conoscere e rendendo ancor più grande l’arte teatrale, vi è Dario Fo.

Dario Fo, classe 1926, nasce a Sangiano, in provincia di Varese, e dopo gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Brera esordisce in radio. Nel 1955 avviene l’incontro che cambia per sempre la sua vita, ovvero quello con Franca Rame, con cui condividerà vita familiare, arte teatrale e battaglie sociali. Nel 1959 la coppia dà vita alla “Compagnia Dario Fo - Franca Rame”, realizzando numerosi spettacoli teatrali. Ma nell’attività di questo duo artistico non c’è solo teatro, ma anche televisione. Infatti, è nota la loro partecipazione alla celebre trasmissione Canzonissima che porta poi ad una censura e ad un lungo allontanamento dalla tv, a causa della loro scelta di parlare di temi ritenuti scomodi da parte del potere. Il loro obiettivo è quello di raccontare le problematiche sociali del paese attraverso l’arte teatrale e la satira e, per farlo, decidono di avvicinarsi al mondo delle fabbriche e dei penitenziari di tutta Italia.

Il 1969 è l’anno della prima messa in scena dell’opera forse più famosa e più importante di Dario Fo, Mistero buffo, che mette in primo piano la cultura popolare del passato e testi del periodo medievale. Nel 1977, dopo i suddetti anni di allontanamento dalla televisione, quest’opera viene mandata in onda in RAI attirando su di sé numerose critiche, fra cui quella di immoralità, da cui il drammaturgo è costretto pubblicamente a difendersi. È lo stesso Fo a spiegare il perché della scelta del titolo Mistero buffo:

Mistero è il termine usato già nel II, III secolo dopo Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione sacra. [...] Mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco. Chi ha inventato il mistero buffo è stato il popolo. Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e non era solo un divertimento, a muovere, a giocare, come si diceva, spettacoli in forma ironico grottesca, proprio perché per il popolo, il teatro, specie il teatro grottesco, è sempre stato il mezzo primo d’espressione, di comunicazione, ma anche di provocazione e di agitazione delle idee. Il teatro era il giornale parlato e drammatizzato del popolo. 

A caratterizzare quest’opera è anche e soprattutto la tecnica linguistica utilizzata, originale e molto espressiva, ovvero quella del grammelot, che consiste nell’accostamento di suoni ed elementi lessicali di diversi idiomi regionali e non solo e che viene così descritta dal drammaturgo:

“Grammelot” è un termine di origine francese, coniato dai comici dell’arte e maccheronizzato dai veneti che dicevano “gramlotto”. È una parola priva di significato intrinseco, un papocchio di suoni che riescono egualmente a evocare il senso del discorso. […] La prima forma di grammelot la eseguono senz’altro i bambini con la loro incredibile fantasia quando fingono di fare discorsi chiarissimi con farfugliamenti straordinari (che fra di loro intendono perfettamente). Ho assistito al dialogo tra un bambino napoletano e un bambino inglese e ho notato che entrambi non esitavano un attimo. Per comunicare non usavano la propria lingua ma un’altra inventata, appunto il grammelot. Il napoletano fingeva di parlare in inglese e l’altro fingeva di parlare in italiano meridionalizzato. Si intendevano benissimo. Attraverso gesti, cadenze e farfugliamenti variati, avevano costruito un loro codice. 

Nel 1997, con grande sorpresa, Fo riceve il Premio Nobel per la Letteratura poiché «nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati». Nel comunicato stampa ufficiale con cui si annunciava la vittoria di Fo si legge:

Il teatro di Fo è rappresentato, da lungo tempo, in tutto il mondo. È forse il più rappresentato dei drammaturghi contemporanei e la sua influenza è stata enorme. Se c’è qualcuno che merita l’epiteto di giullare, nel vero senso della parola, questo è lui. Il misto di risa e serietà è il suo strumento per risvegliare le coscienze sugli abusi e le ingiustizie della vita sociale, ma anche come queste problematiche possano essere viste in una più ampia prospettiva storica. Fo è un autore satirico molto serio e straordinariamente versatile nelle sue produzioni. Per la sua indipendenza e perspicacia ha corso grandi rischi e ne ha subìto le conseguenze ma, al tempo stesso, ha raccolto una viva conferma in vasti strati del pubblico. […] La forza di Fo consiste nella capacità di creare testi che nello stesso tempo divertono, impegnano e offrono nuove prospettive. Come nella commedia dell’arte, sono opere sempre aperte ad aggiunte innovative e modificazioni, che continuamente inducono gli attori all’improvvisazione, in modo tale che il pubblico ne viene coinvolto in maniera sorprendente. La sua è un opera di eccezionale vitalità e portata artistiche.

La figura di Fo è stata ben tratteggiata nel documentario di Gianluca Rame intitolato Dario Fo: l'ultimo Mistero Buffo, presentato nella sezione Freestyle della 17a edizione della Festa del Cinema di Roma e attualmente disponibile su Raiplay. Qui si racconta dell’ultimo Mistero Buffo andato in scena il 1° agosto 2016 a Roma, due mesi prima della morte del drammaturgo, e si sottolinea l’importanza dei suoi lavori teatrali anche al di fuori dei confini nazionali. Tante, inoltre, le testimonianze di chi ha conosciuto e amato l’impegno sociale e gli spettacoli di Fo, come quelle del figlio Jacopo Fo, del giornalista e storico Paolo Mieli, del più grande cronista di spettacolo Vincenzo Mollica, della scrittrice Dacia Maraini e dell’attrice Lella Costa.

Francesca Bella

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