14 agosto 2011

Il teppista della letteratura

Giorgio Manganelli

Spulciando su Google – «Gogòl» secondo Berlusconi – ho scoperto una gustosa intervista che Lietta, la figlia di Giorgio Manganelli, ha rilasciato a Francesco Verso nel 2008. Mi rendo conto di essere un po’ in ritardo, segnalando un’intervista di tre anni fa, ma i fatti dei quali hanno discusso si riferivano alla vita del padre che, lo ricordo, è morto nel 1990.

Dell’attività di suo padre Lietta dice che «si definiva uno “scrivendolo” non uno scrittore. Lui non faceva altro che riportare ciò che le parole volevano che lui scrivesse», una sorta di scrittura in stato di trance. D’altronde odiava i significati profondi e le interpretazioni cervellotiche, la figlia ricorda che amava dire: «Non sono sicuro che le parole abbiano un significato, certamente hanno un suono».

Racconta della sua misoginia: «Diceva “essendo misogino non posso non adorare le femministe perché si fanno del male da sole”. Era un uomo che delle donne aveva una paura folle. L’unica dichiarazione d’amore che mi fece fu, guardandomi in faccia: “Pensa che strano, riesco a volerti bene, nonostante tu sia donna”».

Sui colleghi e sulle polemiche che sovente alimentava: «Uno degli scrittori che mio padre odiava, neanche simpaticamente, era Capuana. Perché scriveva male. E uno dei dispiaceri più grossi della sua vita, è stato di non poter dire a Pasolini che scriveva male». Con Pasolini ebbe più d’uno screzio, e il poeta ebbe a dire di lui: «è un teppista della letteratura».

Sguazzava con divertimento nelle polemiche; una la ebbe anche con Gadda che pensava che Hilarotragoedia fosse una presa in giro del suo La cognizione del dolore. Ma lui, ricorda sempre la figlia Lietta, non si offendeva, «Cioè si offendeva per cose completamente diverse, come un ritardo a cena. Quella per lui era una cosa intollerabile. Ma se gli dicevi che non capiva niente, si divertiva moltissimo». Celebre è la brusca interruzione dei rapporti che ebbe con Einaudi per una forchettata di patatine: «Einaudi aveva l’abitudine di sentirsi il capo, il padrone, e quindi tutti i suoi scrittori e consulenti erano roba sua. Ebbene durante una cena, davanti a tutti, Einaudi allunga semplicemente una forchetta e prende due patatine dal piatto di mio padre, una cosa che non si poteva fare, né andava fatta. Lui non dice niente, perché non è una persona che fa scenate. Se ne sta zitto ma finita la cena, quando tutti si riposano per rivedersi dopo un’ora, il professor Manganelli è scomparso. Il professor Manganelli ha preso un taxi e si è fatto portare alla stazione. Con Einaudi non ha mai più avuto rapporti».

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