29 luglio 2014

Battiato racconta il Bardo


L'occasione del Festival del Cinema di Frontiera di Marzamemi mi ha concesso l'opportunità di seguire un appuntamento cui tenevo in particolar modo. Il 22 luglio infatti all'interno della suggestiva sala della Tonnara di Marzamemi (SR), mentre il caldo sole del pomeriggio siciliano procurava un'inevitabile arsura, Franco Battiato ha raccontato qualcosa del suo ultimo lavoro.
Il Battitato degli incontri dal vivo è diverso da quello che normalmente appare in televisione, molto più ironico e divertito ma sopratutto più comunicativo rispetto quell'indole schiva che lo contraddistingue. Il documentario Attraversando il Bardo, della durata di circa un'ora parla della morte e di come essa viene interpretata nelle varie culture. Il Bardo in particolare è la particolare condizione dell'anima (secondo la cultura tibetana) prima di reincarnarsi. Grazie agli interventi filmati di Manlio Sgalambro, Stanislav Grof, Geshe Gelek, Lama Monlam e Cristina Coltelli, Battiato da voce ai diversi punti di vista sulla morte: quello buddista, cristiano, scientifico e filosofico. Una riflessione sull'argomento non certo esauriente ma utile per riflettere su quei misteri che sopratutto oggi sembrano non essere più di moda. Battiato infatti ha detto che la scienza attuale comincia a dimostrare ciò che più di duemila anni fa molti testi raccontavano dettagliatamente e che oggi timidamente alcuni studiosi riscoprono con stupore.

Seguendo le domande del pubblico è stato possibile venire a sapere che Battiato nel 1973 ha avuto la sua prima esperienza cinematografica come comparsa in un B movie italiano di Corrado Farina dal titolo Baba Yaga: un'esperienza nata col solo intento di racimolare qualche soldo, come ha candidamente dichiarato l'interessato con un sorriso divertito. Riguardo al film su Hendel già annunciato ma mai girato, Battiato ha detto che vi sono stati dei problemi di finanziamento che sembrano essere stati risolti.


Resta tuttavia una sensazione quando Battiato parla dei suoi lavori, la sensazione di trovarsi davanti ad un'eccezione culturale nel panorama italiano: non solo nei termini culturali propri, ma sopratutto qualitativi. La sua ricerca sembra sospingere oltre le contaminazioni del presente facendo tornare alla mente alcune parole della sua canzone Inneres Auge: «Ma quando ritorno in me, sulla mia via, a leggere e studiare, ascoltando i grandi del passato... mi basta una sonata di Corelli, perché mi meravigli del Creato.»

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