21 maggio 2018

"Sirene" il nuovo album di Aldo Granese: intervista al cantautore

Sirene, Aldo Granese

Nel mese di aprile sullo sfondo musicale del nuovo anno è uscito il nuovo concept-album Sirene, dell'artista musicale Aldo Granese di origine irpina. Tra le righe dei testi si nasconde, bene ma non troppo, il tema della prostituzione e del desiderio maschile cui l'uomo sembra essere schiavo. Con toni ironici, talvolta duri e senza mezzi termici, il cantautore decide di intraprendere un viaggio onirico che estrapola da ogni canzone un dettaglio di questo tortuoso mondo. Donna di “mala fede”, prostituta, sgualdrina, in tanti modi è stata definita colei che tenta la libido dell'uomo o da essa viene sottomessa. 

Qui si identifica come una sirena. Come mai viene usata questa allegoria?
Per la capacità di “incantare” e per la pericolosità dell'incanto stesso... per la voglia irrefrenabile, tipicamente maschile, di voler sfidare il pericolo ad ogni costo, anche a rischio della propria follia legati ad un albero maestro come Ulisse... Nietzsche scrisse che il vero uomo ricerca due cose: il pericolo e il gioco. Per cui vuole la donna come il più pericoloso dei giocattoli. A parte che sul concetto di “vero uomo” ci sarebbe da discutere, l'idea di poter gestire il gioco, di tenere la situazione sotto controllo, è puramente illusoria: si diventa molto più facilmente “pedina”, “oggetto” del gioco altrui, “vittima” della sirena... che poi, è sempre stata anche un capro espiatorio, a cui dare la colpa per cose che avvengono al di là della possibilità dell'uomo di governarle (tempeste, naufragi e quant'altro). Insomma, la scelta di questa allegoria mi sembrava decisamente efficace.
La sirena si presenta come una signora. Indossa una gonna lunga, si nasconde dietro labbra color porpora, ma tra le sue gambe sta esplodendo un vulcano. Il piacere e la voglia riducono in brandelli la sua gonna, la fame la guida verso prede facili per cui non riesce a provare amore.

Sirene, Aldo Granese
La fame della sirena nasconde un atteggiamento di provocazione nei confronti dall’altro sesso? Può considerarsi in parte “autolesionismo”? 
Credo di no... soprattutto se la fame è indotta perché si “lavori” con più solerzia (come in Tango delle sirene). Nel disco abbiamo a che fare con creature differenti: con sfruttatrici più o meno consapevoli delle proprie “armi” di seduzione, e con fanciulle cadute nella “rete” dello sfruttamento, destinate a non uscirne se non con la morte. Talvolta, invece, la fame è la necessità di riempire un vuoto, affettivo, morale, presunto... ogni storia è un caso a parte.
La fragilità della sirena non tarda ad arrivare quando diventa oggetto di occhi drogati  piange lacrime amare mentre acquista la consapevolezza di essere incatenata ad un futuro che ripete il presente.

Cosa trattiene quindi la sirena nel mondo del piacere e della perdizione?
L'impossibilità di uscirne senza un valido soccorso esterno da parte di qualcuno che comunque tenderebbe a sentirsi “padrone” della sirena per il fatto di averla salvata e di averla restituita ad una vita “onesta”... In realtà chi nasce schiavo non può morire libero senza accettare un rapporto di vassallaggio nei confronti di chi lo ha resto “libero” quindi cambia soltanto il tipo di schiavitù.
La tendenza a lasciarsi comandare dal piacere, genera nell’uomo e nella donna due tipi di atteggiamenti. Nel genere maschile la tendenza crea una dipendenza, possedere un altro corpo, di cui non può fare a meno. Nel genere femminile, consapevole del fatto, si crea una dipendenza di comando.
"C'è argento sulle scaglie della coda di sirena"
"Lucia mi tiene imprigionato a quella bocca di impostura"
"Mi possiedi totalmente"
"Purissimi diamanti sono gli occhi di Lucia"
Sirene, Aldo Granese
Ascoltando i brani ho notato uno scambio di ruoli tra l'uomo e la donna. Si alternano tra vittima e carnefice del desiderio sessuale?
Sì, le relazioni di ruolo sono molteplici e complesse perché coinvolgono persone diverse, con diversi “appetiti”... Poi c'è spesso, qualora non fosse la donna ad “autogestirsi” quella figura sullo sfondo, lo sfruttatore, il “dio in bretelle”, il “dio regista” dell'attimo di pseudo-amore concesso ai protagonisti.

Il concept-album vuole essere una critica o una muta testimonianza al mondo della prostituzione?
Una critica non avrebbe senso, non ho nessun atteggiamento moralistico o di condanna, certamente vorrei che le cose funzionassero meglio a tutela delle persone inevitabilmente coinvolte... che ci fosse sempre la possibilità di scegliere liberamente il proprio destino, di decidere di andare magari in un'altra direzione... che nessun essere umano, uomo o donna che sia, fisicamente o psicologicamente, a nessun tipo di livello, dovesse essere “schiavo” di un altro “essere umano”.



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