23 ottobre 2020

Charlie Hebdo ovvero della libertà di stampa e del (mancato) rispetto delle diversità culturali

Je suis Charlie

Le vignette di Charlie Hebdo sono tornate di attualità, purtroppo, a seguito della decapitazione del professore che le aveva mostrate agli studenti come esempio di libertà di stampa alcuni giorni fa. In effetti in queste vicende legate alla rivista satirica il nocciolo della questione è: quanto sia opportuno limitare il diritto alla satira per non offendere la sensibilità dei musulmani ma anche di altre comunità.
In molti, sin dall’attentato alla redazione del giornale nel 2015 si sono schierati senza se e senza ma a difesa di Charlie Hebdo utilizzando in tutto il mondo lo slogan “Je suis Charlie”. Ma questa dichiarazione di intenti oltre ad essere piuttosto ipocrita cozza enormemente col buonsenso e evidenzia la nostra arrogante convinzione (da buoni Occidentali) di essere migliori e al di sopra di qualsiasi cultura differente dalla nostra.

Le opinioni fin qui espresse ovviamente non giustificano gli atti cruenti perpetrati da giovani terroristi o il clima di terrore prodottosi a seguito di questa situazione. Quanto affermo è una riflessione lucida e quanto più possibile oggettiva in merito ai limiti della libertà di espressione. Mio padre mi ripeteva spesso che la mia libertà finisce laddove inizia quella altrui, un concetto spesso dimenticato nell’arroganza della società odierna di affermare un principio offendendo o minimizzando un’opinione diversa. Iniziamo col dire una cosa: è facile schierarsi dalla parte di Charlie Hebdo quando l’argomento non sfiora la nostra sensibilità, ma diventa altrettanto fastidioso quando si gioca con questioni per noi delicate. Questo capovolgimento di fronte è avvenuto diverse volte: nel 2016 a seguito del terremoto di Amatrice quando la vignetta titolava “Sisma all’italiana” e si ironizzava sul sangue mostrato come sugo di pomodoro e a seguire una scritta su di una vittima sotto le macerie che recitava: “Non è Charlie Hebdo che ha costruito le vostre case ma la mafia!” Addirittura una freddura nella medesima pagina recitava: “Non si sa se il terremoto abbia urlato Allah U Akbar prima di colpire”. Ovvia l’ondata di indignazione in tutta Italia…

Anche in occasione del crollo del ponte Morandi è uscita una vignetta di cattivo gusto dove veniva scritto: “Costruito dagli italiani e pulito dagli immigrati”. Un’ironia amara, a fronte del senso di lutto provato in tutto il paese.

Contro l’Islam e i musulmani la redazione si è scatenata in più casi, ad esempio una vignetta eclatante recita che il “Corano è una merda perché non ferma le pallottole”. Ma ovviamente lo stesso principio di affermazione della “libertà di stampa” poteva essere utilizzato contro il Cristianesimo ed essere disegnato al posto del Corano. Con la differenza che per i musulmani questi principi sono carne viva della loro vita quotidiana, e un aspetto che permea totalmente quelle società, al contrario delle nostre ormai desacralizzate.

Per questa ragione non ci si ferma più neanche davanti ai concetti più sacri del Cristianesimo, ossia quello della Santa Trinità dove si rappresentano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella modalità dissacrante che vediamo in basso. Così ci troviamo più davanti a una volontà di ironizzare, ma di commettere vilipendio, demolire dei valori sacri e ridicolizzarli per mera volontà di vendita ma soprattutto per far parlare di sé.

In casi come questi la libertà di stampa non c’entra nulla, diventa solo un pretesto per scardinare ogni vincolo e affermare che “si può fare ciò che si vuole perché siamo Occidentali”. Ma se riflettete bene questa presunta battaglia di principio crea un cortocircuito nei confronti di tutte quelle azioni volte all’inclusione delle diversità, al rispetto verso le altre religioni e all’arricchimento tramite esse. Si lotta per una libertà di stampa che vuole prevalere sulle sensibilità altrui e non si lotta contro le storture e le limitazioni prodotte dalla censura preventiva dei social media nella volontà di stroncare il fenomeno delle fake news, ma anche contro gli altri mali dell’informazione. Si scardina un muro e si concede la chiusura di un altro con il sostegno proprio dei media, spesso accusati di far parte di questo gioco sporco.

Non ho mai esultato per lo slogan “Je suis Charlie” non perché accettassi la violenza terrorista, ma perché la nostra coscienza è troppo sporca per sentirci indefessamente dalla parte della ragione.

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