24 aprile 2021

Armenia, 24 aprile

Daniel Varoujan

Daniel Varoujan 20 aprile 1884 - 26 agosto 1915 è un poeta armeno. All'età di 31 anni, quando stava raggiungendo la statura internazionale, fu deportato e assassinato dal governo dei Giovani Turchi. Prima di morire, in un bosco ai piedi di un ruscello, fu torturato a lungo con dei coltelli su tutto il corpo. Dicono che le urla si sentissero da molto lontano. Dopo la morte si divisero i vestiti e le sue spoglie.

La raccolta di poesie sopravvisse grazie alla corruzione di un funzionario turco.

Più lontano sono andate le grida della sua poesia.

Nella vita semplice degli armeni contadini lui ed altri poeti vedevano il riscatto della libertà dall’oppressione ed una nuova visione del popolo.

Notte sull’aia di Daniel Varoujan da Il canto del pane (trad. Antonia Arslan e Chiara Haiganush Megighian)


Dolce notte estiva. La testa abbandonata sull’aratro
l’anima sacra del contadino riposa sull’aia.
Nuota il grande Silenzio tra le stelle divenute un mare.
L’infinito con diecimila occhi ammiccanti mi chiama.

Cantano di lontano i grilli. Nelle acque del lago
questa notte si celebrano le nozze segrete delle naiadi.
La brezza agitando il salice sulla sponda del ruscello
risveglia dei canti su accordi sconosciuti.

Nel profumo del serpillo, disteso in cima a un covone
io lascio che ogni raggio tocchi il mio cuore,
e m’inebrio del vino della grande botte dell’Infinito
dove un passo sconosciuto schiaccia le stelle cadenti.

È squisito per il mio spirito tuffarsi nell’onda luminosa di azzurro,
naufragare – se è necessario – nei fuochi celesti;
conoscere nuove stelle, l’antica patria perduta,
da dove la mia anima caduta piange ancora la nostalgia del cielo.

È dolce per me sollevarmi sulle ali del silenzio,
ascoltare soltanto il respiro imperturbabile dello Spazio,
finché i miei occhi si chiudano in un sonno magico,
e sotto le mie palpebre rimanga l’Infinito con le sue stelle.

Così, così si addormenta tutta la gente del villaggio;
il pastore sul suo carro, sotto la trapunta che stilla luce,
la sposa in cima a un covone, scoperto dallo zefiro il seno
dove la Via Lattea svuota il suo latte brocca dopo brocca.

E così, avendo dormito un giorno sotto lo sfavillìo del cielo,
i miei genitori contadini mi concepirono con tenerezza,
mi concepirono fissando lassù i loro occhi buoni
sulla più grande Stella, sulla Fiamma più splendente.

 




Margherita Zoni

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