23 giugno 2022

Il dualismo ideologico della guerra in Ucraina

Un anno fa circa rimasi folgorato dalla lettura del saggio The game di Alessandro Baricco. Questo saggio mi colpì molto perché interpretava la società a seguito dell’avvento dei computer, degli smartphone e del digitale. La chiave di lettura proposta dall’autore ovviamente si applicava all’evoluzione comportamentale, ma questo approccio sembra oggi perfettamente applicabile ai contendenti della guerra in Ucraina. Ognuno di essi infatti interpreta il mondo secondo due prospettive che evidenziano l’uno l’interpretazione labile e contraddittoria della cultura digitale, l’altro quella statica e ideologizzata di chiara matrice Novecentesca.

I due protagonisti su cui è possibile leggere tali visioni del mondo sono indubbiamente Volodymyr Zelens'kyj classe 1978 e Vladimir Putin classe 1952. In qualità di presidenti dei due paesi in conflitto sono anche due uomini che rappresentano due generazioni molto diverse. Vediamo nel dettaglio quali differenze emergono tra i due leader e quindi indirettamente tra le due società.

Zelens'kyj ha una comunicazione diretta, è molto schietto in ciò che dice e spesso fa affermazioni istintive. Usa un linguaggio immediato e fa un ampio uso dei social con cui comunica tramite dirette video. Ricordiamo di lui un video assieme allo staff del governo in una delle piazze di Kiev per dimostrare di essere in prima linea. Adotta generalmente abiti informali, una maglietta o un maglione militari come un comandante in capo che guida la sua nazione in guerra. Curioso è il fatto che di lui non abbiamo un ricordo in giacca e cravatta, salvo rare immagini. Inoltre adotta un linguaggio schietto e semplice, adatto più che altro a un pubblico giovanile. Ad esempio quando all’inizio del conflitto i bombardamenti si concentravano su Kiev, ha affermato: “Mi servono munizioni, non un passaggio.” oppure “L’esercito russo passerà alla storia come l’esercito più barbaro e disumano del mondo.” Il suo linguaggio pone molta enfasi, persino eccessiva, in merito agli eventi e le richieste sembrano frutto più che altro di un atteggiamento istintivo: come quando richiedeva insistentemente la no fly zone della Nato che di fatto avrebbe fatto entrare in guerra gli USA contro la Russia. Oppure le aperture al dialogo trasformatesi subito dopo in richieste irrealizzabili, tipo l’avvio di un tavolo diplomatico solo dopo il ritiro russo.

Putin è l’esatto contrario. Le sue parole sono sempre misurate, precise e pensate. Non eccede mai nei toni scadendo nell’offesa personale a leader politici. Non lo ha fanno neanche quando Biden lo ha accusato di essere un criminale di guerra. Minaccia ritorsioni con fermezza, seppur all’atto pratico molte di esse non posso essere realizzate o sono di difficile attuazione. La sua comunicazione è ufficiale. In pubblico compare sempre in giacca e cravatta, salvo alcune foto di rappresentanza dove nel tempo si è mostrato sotto altre vesti: militare, macho, judoka ecc. Inoltre ciò che afferma passa inevitabilmente tramite i canali televisivi o le interviste. Non usa i social, salvo quelli organizzati dallo staff del Cremlino e si avvale sempre di diverse figure che ribadiscono le posizioni del presidente. Il ministro degli esteri Lavrov, Dmitry Peskov in qualità di portavoce del Cremlino, Marija Zacharova in qualità di addetta stampa. Sicché si percepisce sempre una distanza tra Putin e l’uomo comune. Questa enfasi è stata posta soprattutto quando poco prima dell’invasione è stato mostrato un video dove Putin maltratta i suoi ministri e capi che lo contraddicevano. 

Baricco dimostrava come l’approccio moderno delle società, in special modo nelle nuove generazioni può essere associato alla leggerezza in senso assoluto e a un atteggiamento istintivo, poco riflessivo, agile al cambiamento, diretto. L’esempio più evidente sono le società informatiche come Facebook, Google ecc. Queste sono “leggere” perché il loro business si basa su internet e sui software, sono agili perché in un attimo modificano gli algoritmi qualora le decisioni prese non trovino adeguato riscontro di pubblico. Il loro approccio, che definiremmo “digitale”, è lo stesso che inconsciamente viene applicato dalle nuove generazioni. Provano qualcosa senza pensarci e se non va bene cambiano idea improvvisamente finché non raggiungono ciò che porta successo.

L’approccio novecentesco, all’opposto, va associato alla pesantezza e alla rigidità. Pertanto si ritrovano idee strutturate, statiche e quindi poco propense al mutamento, pena smentire se stessi. Questo approccio è tipico anche dei processi produttivi del passato: l’industria ad esempio che nell’eseguire un prodotto necessita di programmazione ma anche di tempi lunghi per modificarsi. Esso è un modello intrinsecamente “pesante” che ha in sé pochi margini di manovra. Su questa posizione ritroviamo anche il modo di essere delle persone più mature o negli anziani.

Questa visione duale del mondo tra Occidente e Oriente sembra l’affermazione di due modelli in conflitto che probabilmente ci condurrà verso un mondo altro. L’aspetto più triste di questo scontro è certamente il fallimento di un’ipotesi di mondo dove le differenze culturali e di idee siano una modalità per arricchire noi stessi, e non la certezza che l’altro sia nel torto perché appartiene ad un blocco diverso dal nostro.                   

Davide Mauro

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