7 settembre 2023

Il ritorno di Medusa: il teatro di Cuticchio e Ferracane

Molti conoscono la fine di Medusa, la Gorgone uccisa da Perseo; pochi invece sanno l'inizio del mito. Medusa, donna bellissima, viene violentata da Poseidone in un tempio sacro ad Atena che, per aver violato la sua casa, la condanna a diventare un orribile mostro. Questa vicenda è stata messa in musica nel 2019 dal compositore Giacomo Cuticchio su libretto di Luca Ferracane. Grande importanza hanno i pupi siciliani che "recitano" in scena. L'opera, della durata di un'ora circa, è composta di un Prologo e di tre Scene, dove appunto si racconta la vicenda di Medusa, in conformità col mito. I protagonisti, oltre alla Gorgone, sono Atena, la Gran Sacerdotessa, Anfitrite e il coro di Tritoni e Nereidi.

Il libretto di Ferracane è scritto in un linguaggio arcaico ma non per questo poco incisivo. Anzi, tale scelta stilistica appare coerente con il bisogno del magico che sembra cercare l'autore. Fosse scritto nella parola odierna il mito, di per sé aulico, poco trasmetterebbe all'ascoltatore. Il testo è, tra l'altro, coeso ed essenziale, per cui risulta anche chiaro.

La musica di Cuticchio presenta, a parere di chi scrive, una commistione molto interessante tra la musica da film e i canoni estetici tipici dell'opera seicentesca. L'armonia utilizzata, tendente al minimalismo, possiede una stabilità interna che la avvicina al racconto musicale barocco. Non sono presenti, tranne in qualche punto, grandi escursioni drammatiche come nelle opere dell'Ottocento: i suoni orchestrali, ben amalgamati, sembrano quasi commentare il canto dei vari protagonisti, che in tal modo si percepisce in maniera chiara. Tale stabilità a volte, purtroppo, sfocia in staticità. Per risolverla sarebbe stato utile avere maggiore interazione tra il coro, i cantanti e l'orchestra, che hanno pochi momenti dialettici. Apprezzabile e azzeccato l'inserimento del pianoforte, che quasi mai nelle opere è usato come strumento orchestrale. Sembra quasi che ad esso sia affidata la funzione di basso continuo, usato nel Seicento. Interessante risulta tra l'altro la presenza contemporanea del clavicembalo, la cui sonorità frizzante arricchisce l'orchestrazione.

La regia, in cui i protagonisti sono appunto i pupi, accresce il carattere fiabesco della storia e evidenziano bene l'arcano popolare presente in ogni mito. Appare agli occhi la Sicilia magica e pagana.

In conclusione, l'intera opera si presenta con grande umiltà, non avendo pretese simil-filosofiche o concettuali. Il cardine, il fantastico mitologico, è sufficiente per rendere avvincente il racconto. Forse questo esperimento non soddisferà del tutto né gli amanti dell'opera barocca né gli affezionati alla musica contemporanea. È grazie però all'unione non scontata di due mondi così diversi che questa rappresentazione musicale acquisisce vivacità e merita di essere vista.

L'opera può essere vista su Raiplay a questo link.

Riccardo Rosas

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