Dalla Russia di fine ‘800 emerge un’opera tanto arcana quanto moderna, misteriosa nella sua potenza narrativa immaterica e, allo stesso tempo, di un pragmatismo tutto moscovita. L’autore, Vladimir Sergeevič Solov'ëv, filosofo, teologo, critico letterario e poeta, ci pone davanti a una visione-racconto su come, quando e con quali connotazioni emergerà l’ultimo Nemico dell’Uomo. Egli, osannato dalle masse, verrà accolto come Salvatore dell’intera umanità. Una Collettività ignara di aver ceduto al sommo inganno della ragione, accecata da un mare di buon senso dove però risiede un vuoto senza ritorno.
I dialoghi diventano il prodromo di quello che andrà ad essere il reale racconto e descrizione dell’avvento dell’Anticristo. L’ascensione dell’Oscuro non sarà attraverso la forza delle armi, la paura o tramite una brutalità demoniaca. Non avverrà una Apocalisse con terribili cavalieri od orrori imperanti. Tutt’altro. Sarà una lenta ed inesorabile erosione di tutto ciò che riguarda la Fede e l’intrinseca natura divina dell’uomo. Una penetrante vacuità che tutto divora ed inaridisce. Qui inizia la narrazione profetica di Soloviev.
L’araldo del Princeps tenebrae non è una figura raccapricciante né qualcosa che rassomigli agli antichi presagi di morte e miseria, come qualcuno potrebbe pensare. È invece tutto il contrario. Si presenta come un filantropo, un uomo raffinato, intellettuale di alto livello e benefattore oltre ogni modo. Soloviev, inoltre, lo descrive come un grande spiritualista, un pacifista impegnato e zelante, animalista convinto e vegetariano praticante. Una descrizione che, a primo impatto, susciterebbe ammirazione e una certa dose di rispetto. Tuttavia, non è altro che un’immensa maschera che nasconde un ego smisurato e una volontà di dominare l’intero creato. L’essenza della menzogna convertita in sterile apparenza di bontà.
La vera natura sibilante del Male, proposta dal nostro autore, consiste proprio nella sua dote principale di corrompere e sovvertire ogni cosa. L’Anticristo non nasce malvagio, colmo di odio e cupidigia, anzi, in principio riconosce l’autenticità e il valore assoluto del Bene, di Dio e del Messia. Proprio qui, all’apice della sua illusoria virtù, inizia una inesorabile e lenta caduta verso le profondità più cupe.
Il Male strisciante si insinua nella mente di colui che è pronto ad accoglierlo. Il campione di umanità declinato da Soloviev cade nella sua stessa fallacia. Un piccolo passo alla volta e la scalinata che conduce all’oblio è percorsa.
Credeva al Bene, ma l’occhio onnisciente dell’Eterno sapeva che quest’uomo si sarebbe prima o poi inchinato davanti alla forza del Male da cui sarebbe stato corrotto: non perché ingannato dai sensi o basse passioni, e nemmeno dalla tentazione del potere, ma perché avrebbe ceduto di fronte allo smisurato amore per se stesso.
La Vanità che risiede nel suo cuore lo divora facilmente e, se prima rispettava il Cristo e lo considerava il suo più grande precursore, ora è divorato dall’invidia e da un senso di terrore; recondito memento di non essere lui il prescelto e di dover infine inginocchiarsi innanzi al ritorno del figlio di Dio.
E se... e se non fossi io, ma l’altro... il Galileo... Se non fosse il mio precursore, ma il vero, il primo e l’ultimo? Vorrebbe dire che Egli vive ... Dov’è? E se venisse qui da me, ora, in questo istante... Che cosa Gli direi? Dovrei inchinarmi davanti a Lui come l’ultimo imbecille cristiano [...] Io, genio luminoso, superuomo? No, mai!
L’atavico senso di artificiale ingiustizia subita conferisce quella nota agrodolce che ne segna irrevocabilmente la corruzione. In quel solo e unico momento, dove la fredda distaccata devozione si tramuta in aspro odio bruciante, compare la manifestazione materiale di Satana. L’angelo caduto pone il sigillo finale sulla trasformazione del, fin troppo consapevole, magnifico filantropo. Da qui in poi egli sarà mosso e guidato da una natura che dissimulerà il Bene, si prodigherà in azioni e gesta apparentemente positive e giuste, ma vuote e prive di quello spirito divino che può esserci solo riconoscendo Cristo.
Dispenserà pace, ma in cambio di totale ubbidienza. Diffonderà progresso senza pari, tuttavia privo di etica e responsabilità morale. Elargirà doni di ogni sorta richiedendo “solamente” di essere venerato.
Quasi tutta l’Umanità cadrà nel suo inganno, dopotutto il cuore degli uomini si corrompe facilmente.
Il miraggio di una tiepida perfezione mondana, di un paradiso senza Dio e senza responsabilità, una idolatria assoluta del sé sono promesse troppo lusinghiere per essere rifiutate. Qui risiede il grande potere del Male. Esso si alimenta corrompendo e inquinando il bene, lo svuota per plasmare una realtà, a prima vista migliore, ma del tutto ingannevole, compiacente e piacevole. Trascina sia gli individui che le società in chimere utopiche che portano verso un unico finale: la rovina.
Perché per essere seguiti bisogna essere piacevoli.
Soloviev punta proprio su questa natura parassitaria e sibillina dell’Anticristo. La nera conversione che quest’ultimo attua nei confronti della maggior parte del genere umano è schiacciante. Non è necessario essere dei diavoli per abbracciare l’ombra, basta semplicemente ascoltarla e lasciare che essa prenda, un granello alla volta, il sopravvento sulla propria mente.
Dall’inferno del singolo divampano fiamme che ardono nei cuori di tutti i vicini, finché intere nazioni non cedono alle lusinghe di un mondo in pace, prospero e progredito. Una rete di mendacia fattura che rende muti, ciechi e sordi davanti alla fine.
Tuttavia, alcuni opporranno resistenza e, alla fine del racconto, smaschereranno l’Anticristo per quello che realmente rappresenta. Non saranno le armi a scaraventarlo nell’abisso, ma le stoiche dimostrazioni di pura fede, capaci di prodigi tramite l’intercessione del Cielo.
Soloviev, in quest’opera vuole spiegare la sua prospettiva escatologica delle vicende umane. Tal visione è una sintesi, unica e originale, tra attesa apocalittica e filosofia degli eventi. Un tratto squisitamente radicato all’interno della tradizione ortodossa russa.
La conclusione della Storia non è un semplice evento catastrofico impostosi dall’alto, ma è l’apogeo di un processo che potremmo definire teandrico (divino-umano).
La libertà, individuale prima e collettiva dopo, possiede un ruolo essenziale.
L’esito del destino ultimo dell’Umanità è imprescindibile dalla comparsa e dal confronto con l’Anticristo. Non è una questione di se, ma semplicemente di quando. Sarà questo scontro finale a emancipare il genere umano nella pienezza del cristianesimo rinnovato. In quell’ultimo grande agone morale e di fede, ciascuno sarà chiamato a rispondere in merito alla domanda fondamentale. Vivere sostituendo il divino con il proprio Sé oppure optare per l’accoglienza interiore del Dio-Uomo.
Per l’autore russo il Male non subirà una cancellazione totale, ma sarà emendato da tutte le sue connotazioni negative, dissolvendosi di fronte alla luce emanata dal ritorno di Cristo.
É nel momento in cui l’Oscurità esaurisce la sua funzione ontologica che si palesa quella che era stata la sua unica e distintiva caratteristica: la vacuità.
Incapace di creare o di rinnovarsi in autonomia, termina il suo ciclo vitale e, appassisce come una pianta parassitaria che non abbia più una fonte di sostentamento.
Nell’epilogo escatologico scelto da Soloviev vediamo come il Male, una volta dissoltosi, non abbia più alcuna possibilità di esistere. Esso ha adempiuto al suo compito, per quanto terribile che fosse. Ora, con il Cosmo illuminato dalla pienezza di Cristo, è chiara la visione positiva e dialettica dell’autore.
Una volta superata la prova finale e inveratosi il destino ultimo dell’Uomo, tutto il Creato avrà l’occasione di esperire l’unica vera comunione con il divino. Non ci saranno più tracce di un fittizio paradiso senza Dio, di un’illusoria tolleranza e di un’arida spiritualità, mossa dalla vanità dell’ego.
Le difficoltà e le innumerevoli fatiche saranno un ricordo, un eterno memento, doloroso ma necessario. La trasfigurazione dell’esistenza attraversò l’estrema sciagura sarà l’apoteosi del Bene e, con esso, dell’inizio del Regno dei Cieli.
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