Introduzione
Raskol’nikov e la colpa come frattura ontologica
Il delitto non è, dunque, un atto impulsivo, ma un esperimento filosofico: l’omicidio diventa il banco di prova della possibilità di fondare una morale autonoma.
Dopo il delitto, Raskol’nikov sperimenta un crollo psichico e fisico: febbre, deliri, alienazione, paranoia. La colpa non è soltanto un contenuto della coscienza, ma una condizione incarnata che investe l’intera persona (Provinciali, 2021).
In termini fenomenologici, la colpa si manifesta come frattura tra il progetto ideale dell’io e la sua impossibilità di realizzarsi. Il soggetto non riesce a coincidere con l’immagine di sé che aveva teorizzato.
Nel romanzo, il percorso di Raskol’nikov si orienta verso una possibile redenzione grazie alla confessione e alla relazione con Sonja Marmeladova. In Dostoevskij, la sofferenza non è solo distruttiva, ma possiede un valore catartico e rigenerativo (Dostoevskij, 1866).
La colpa, pertanto, assume una funzione paradossale: distrugge l’identità illusoria del soggetto, ma apre la possibilità di una rinascita etica.
Bauman e la dissoluzione della responsabilità
Secondo Bauman, la società contemporanea è caratterizzata da una progressiva liquefazione delle strutture sociali: lavoro, relazioni, identità e istituzioni perdono stabilità (Bauman, 2000). L’individuo è costretto a una continua rinegoziazione del proprio ruolo e della propria immagine.
In questo contesto, la responsabilità non è più ancorata a strutture stabili, ma si disperde all’interno di sistemi complessi e globalizzati.
Nella modernità liquida, la colpa tende a perdere la sua intensità tragica. Non si configura come dramma interiore, bensì come disagio generico: imbarazzo, senso di inadeguatezza, ansia sociale (Bauman, 2005).
Le catene causali diventano opache: risulta difficile individuare un soggetto chiaramente responsabile del male sociale. La colpa si trasforma in un fenomeno diffuso, spesso anonimo.
L’uomo digitale e la spettacolarizzazione della colpa
La società digitale radicalizza le dinamiche descritte da Bauman. I social network producono un regime di ipervisibilità, in cui la colpa non è più un’esperienza privata, bensì una performance pubblica.
Il soggetto non è spinto all’introspezione, ma alla gestione della reputazione. Il castigo non avviene attraverso il pentimento, ma tramite l’esclusione simbolica: isolamento digitale, campagne di indignazione, “cancel culture”.
Qui si manifesta il passaggio da una colpa interiore a una colpa spettacolarizzata, priva di reale funzione trasformativa.
Confronto teorico: colpa verticale e colpa reticolare
È possibile schematizzare il confronto attraverso due modelli concettuali:
- Colpa verticale: tipica di Dostoevskij, fondata su un ordine morale trascendente, interiorizzata, dolorosa e potenzialmente redentiva.
- Colpa reticolare: propria della modernità liquida e digitale, diffusa, impersonale, legata alla visibilità sociale più che alla coscienza.
La prima produce sofferenza e trasformazione; la seconda produce ansia e adattamento.
Implicazioni etiche contemporanee
La trasformazione della colpa comporta una crisi della responsabilità. Se la colpa non è più vissuta come esperienza profonda, l’etica perde la sua forza trasformativa.
Tuttavia, il modello dostoevskiano suggerisce una possibile via: recuperare una colpa intesa non come auto-flagellazione, ma come consapevolezza del limite e come fondamento dell’empatia.
Conclusione
Il confronto tra Dostoevskij e Bauman mostra come la colpa si sia trasformata da esperienza tragica e salvifica a fenomeno diffuso e spesso anestetizzato. Questo passaggio riflette un mutamento profondo della struttura dell’identità moderna.
In un mondo segnato da precarietà, accelerazione e ipervisibilità, recuperare il valore etico della colpa significa restituire profondità all’esperienza umana e riaprire la possibilità di una responsabilità autentica.

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