11 dicembre 2025

Raskol’nikov e il soggetto digitale tra Dostoevskij e Zygmunt Bauman


Il presente saggio analizza la trasformazione della nozione di colpa dall’età moderna all’era digitale attraverso un confronto tra la rappresentazione letteraria di Rodion Raskol’nikov in Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij e la teoria della “modernità liquida” elaborata da Zygmunt Bauman. Mentre in Dostoevskij la colpa si configura come un’esperienza interiore, tragica e potenzialmente redentiva, radicata in una forte interiorità morale, nella società contemporanea descritta da Bauman essa non scompare, ma si trasforma: perde profondità esistenziale e si frammenta in una responsabilità diffusa, spesso burocratica e impersonale, che indebolisce il legame tra azione, coscienza e senso del peccato. Il saggio mette in luce il passaggio da una “colpa verticale” a una “colpa reticolare”, riflettendo sulle implicazioni etiche e antropologiche di tale mutamento.

Introduzione

La colpa rappresenta una delle strutture fondamentali dell’esperienza morale umana. Non si tratta unicamente di una violazione della norma giuridica, ma di un’esperienza esistenziale che coinvolge identità, coscienza e relazione con l’altro. La letteratura ottocentesca e la sociologia contemporanea hanno offerto interpretazioni radicalmente differenti di tale fenomeno.

Da un lato, Delitto e castigo (1866) di Fëdor Dostoevskij propone una rappresentazione intensa della colpa come dramma interiore; dall’altro, le analisi di Zygmunt Bauman sulla “modernità liquida” mostrano come, nella società contemporanea, la responsabilità tenda a dissolversi all’interno di reti sociali sempre più complesse (Bauman, 2000).

Il presente lavoro intende mettere in dialogo queste due prospettive, interrogando le trasformazioni della colpa nel passaggio dalla modernità “solida” alla società digitale.

Raskol’nikov e la colpa come frattura ontologica

Raskol’nikov elabora una teoria che distingue gli “uomini ordinari” dagli “uomini straordinari”, ai quali sarebbe concesso di oltrepassare le leggi morali in nome di un fine superiore (Dostoevskij, 1866). Tale teoria rappresenta una forma embrionale di nichilismo etico e si inserisce nel clima intellettuale della crisi delle certezze religiose e morali del XIX secolo.

Il delitto non è, dunque, un atto impulsivo, ma un esperimento filosofico: l’omicidio diventa il banco di prova della possibilità di fondare una morale autonoma.

Dopo il delitto, Raskol’nikov sperimenta un crollo psichico e fisico: febbre, deliri, alienazione, paranoia. La colpa non è soltanto un contenuto della coscienza, ma una condizione incarnata che investe l’intera persona (Provinciali, 2021).

In termini fenomenologici, la colpa si manifesta come frattura tra il progetto ideale dell’io e la sua impossibilità di realizzarsi. Il soggetto non riesce a coincidere con l’immagine di sé che aveva teorizzato.

Nel romanzo, il percorso di Raskol’nikov si orienta verso una possibile redenzione grazie alla confessione e alla relazione con Sonja Marmeladova. In Dostoevskij, la sofferenza non è solo distruttiva, ma possiede un valore catartico e rigenerativo (Dostoevskij, 1866).

La colpa, pertanto, assume una funzione paradossale: distrugge l’identità illusoria del soggetto, ma apre la possibilità di una rinascita etica.

Bauman e la dissoluzione della responsabilità

Secondo Bauman, la società contemporanea è caratterizzata da una progressiva liquefazione delle strutture sociali: lavoro, relazioni, identità e istituzioni perdono stabilità (Bauman, 2000). L’individuo è costretto a una continua rinegoziazione del proprio ruolo e della propria immagine.

In questo contesto, la responsabilità non è più ancorata a strutture stabili, ma si disperde all’interno di sistemi complessi e globalizzati.

Nella modernità liquida, la colpa tende a perdere la sua intensità tragica. Non si configura come dramma interiore, bensì come disagio generico: imbarazzo, senso di inadeguatezza, ansia sociale (Bauman, 2005).

Le catene causali diventano opache: risulta difficile individuare un soggetto chiaramente responsabile del male sociale. La colpa si trasforma in un fenomeno diffuso, spesso anonimo.

L’uomo digitale e la spettacolarizzazione della colpa

La società digitale radicalizza le dinamiche descritte da Bauman. I social network producono un regime di ipervisibilità, in cui la colpa non è più un’esperienza privata, bensì una performance pubblica.

Il soggetto non è spinto all’introspezione, ma alla gestione della reputazione. Il castigo non avviene attraverso il pentimento, ma tramite l’esclusione simbolica: isolamento digitale, campagne di indignazione, “cancel culture”.

Qui si manifesta il passaggio da una colpa interiore a una colpa spettacolarizzata, priva di reale funzione trasformativa.

Confronto teorico: colpa verticale e colpa reticolare

È possibile schematizzare il confronto attraverso due modelli concettuali:

  • Colpa verticale: tipica di Dostoevskij, fondata su un ordine morale trascendente, interiorizzata, dolorosa e potenzialmente redentiva.
  • Colpa reticolare: propria della modernità liquida e digitale, diffusa, impersonale, legata alla visibilità sociale più che alla coscienza.

La prima produce sofferenza e trasformazione; la seconda produce ansia e adattamento.

Implicazioni etiche contemporanee

La trasformazione della colpa comporta una crisi della responsabilità. Se la colpa non è più vissuta come esperienza profonda, l’etica perde la sua forza trasformativa.

Tuttavia, il modello dostoevskiano suggerisce una possibile via: recuperare una colpa intesa non come auto-flagellazione, ma come consapevolezza del limite e come fondamento dell’empatia.

Conclusione

Il confronto tra Dostoevskij e Bauman mostra come la colpa si sia trasformata da esperienza tragica e salvifica a fenomeno diffuso e spesso anestetizzato. Questo passaggio riflette un mutamento profondo della struttura dell’identità moderna.

In un mondo segnato da precarietà, accelerazione e ipervisibilità, recuperare il valore etico della colpa significa restituire profondità all’esperienza umana e riaprire la possibilità di una responsabilità autentica.

Ursula Valmori

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