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18 gennaio 2011

La parola e lo spirito: il bipolarismo esistenziale nella filosofia di Ferdinand Ebner

Ferdinand Ebner

La parola è la corda tra l’ «Io» e il «Tu».Nella parola sta la ragione ed essa  parla alla ragione.La vera parola non è di questo mondo.Ma non è stato l’ amore a pronunciare la prima parola?Ferdinand Ebner, Das Wort ist der Weg

Ferdinand Ebner è presentato, primo che come scrittore e filosofo, come uomo “totale” e “puro”. Così egli viene presentato nella breve introduzione biografica allo scritto: Wort und Liebe, redatta da Hildegard Jone, che ha avuto il privilegio di conoscere il pensatore a lungo dimenticato, prima che morisse. Nella biografia del filosofo la vicenda familiare acquista un ruolo rilevante nella formazione psicologica e intellettuale del piccolo Ebner. Educato fortemente alla pietas di stampo religioso da un padre che diverrà una figura cruciale della sua esistenza, al quale sono dedicate anche delle poesie (ricordiamo ad esempio: Golgatha), Ebner perde due fratelli in tenerissima età e una sorella. Fassbinder, noto cineasta tedesco a metà tra il volgare e il sublime, come lo definirei io, ha affermato con grande semplicità quanto la famiglia sia il male e il bene più grande, imponente forza che plasma tratti caratteriali, forme di isteria latenti nell’uomo. Non solo la società nella quale l’individuo si trova come gettato, bensì il primissimo incontro con i diretti individui dell’entourage familiare giocano il ruolo di mandanti di tutte le nostre nevrosi, dei nostri nervi a pezzi. Io non lascerei emergere, nel caso Ebner, la sola esperienza che consta della morte prematura della sorella, di una educazione rigida e di un confronto col padre che tanto rimanda all’altro depresso della letteratura ebraica: Kafka. Piuttosto quei nervi a pezzi e la solitudine (Einsamkeit) legata alla costante pratica di sviscerazione esistenziale, fonte non solo di angosce e depressioni reteirate, ma di un vero malessere fisico, sono il risultato naturale appartenente a pochi, destino o privilegio di figure eccezionali. La depressione dinanzi a immagini primaverili, la non accettazione del proprio lavoro, del proprio destino e il caleidoscopico gioco di cui Ebner si nutre in ogni attimo della sua esistenza passata a vivere “tra” gli altri e non “accanto” agli altri, fanno di lui un uomo non comune, una interiorità che va ascoltata.


20 dicembre 2010

I sogni di un visionario chiamato Kant

Kant
Immanuel Kant

Immaginiamo un Kant precritica, dal tono ironico ma forse, in realtà, neanche troppo ironico direi piuttosto un tono falsamente ironico, nel caso in cui il lettore serio voglia alzare un polverone di critiche contro un filosofo serio che non si è certamente tirato indietro dinanzi alla possibilità di rispondere in modo semiserio - secondo me serissimo - alla lettera di Charlotte. Non è importante qui spiegare chi sia Charlotte, bensì è interessante notare come dalla storia da lei raccontata, scaturisca un pamphlet kantiano il quale, collocandosi prima delle Critiche, andrebbe considerato in certi suoi aspetti essenziali: questi sono quelle tematiche sulle quali si incentra la Critica della ragion pura e la Critica della ragion pratica, la questione dell’anima.


8 maggio 2010

La verità in frantumi: Romanticismo e Tradizione, un rapporto controverso

Abtei im Eichwald, C. D. Friedrich

Il movimento romantico è stato ad un tempo rivoluzionario e reazionario, multiforme e contraddittorio. Esiste però un osservatorio dal quale è possibile ricostruire alcuni aspetti che diedero forma e coerenza interna a questa fondamentale fase del pensiero europeo: è quello della philosophia perennis, lo studio delle scienze tradizionali. Ciò che il Romanticismo rifiutò e ciò che invece raccolse, costituisce il bagaglio con il quale l’Europa si è affacciata all’età contemporanea.


31 agosto 2009

Uno sconosciuto: l’ateo filantropo barone d’Holbach

Paul-Henri-Dietrich de Holbach

Per trent’anni, ogni giovedì e domenica, si ritrovavano in Rue Saint-Roch a Parigi (oggi 8 rue des Moulins) o nella tenuta di Grandval nei pressi di Sucy, personaggi del calibro di Diderot, Morellet, Marmotel, Galiani, d’Alambert, Hume, Beccaria, Franklin, Smith, Sterne, Raynal, Rousseau. Erano ospiti nei salotti del barone Paul-Henri-Dietrich de Holbach.

25 aprile 2009

I problemi demografici senza ideologia


sovrappopolazione

La legge divina secondo Tommaso d’Aquino, e oggi “dogma” accettato anche dalle “laiche” nazioni occidentali, vieta il controllo delle nascite perché contro natura. Eppure, ma i teologi tacciono facendo finta di non sentire le ovvie obiezioni, lo stesso Aquinate non vieta, con il medesimo criterio, il celibato a vita. Tralasciando il problema così come erroneamente è stato impostato dal doctor angelicus, soffermiamoci sulle parole del nostro, tedesco, pastore di anime bisognose di essere inquadrate in un gregge. Ci riferiamo, è ovvio, all’”infallibile” Papa Benedetto XVI, e in modo particolare a un articolo apparso l’11 dicembre del 2008 sul sito www.repubblica.it. In questo articolo si riportano alcune affermazioni che possono aiutarci a riflettere... Secondo il ragionamento del vescovo di Roma, lo sviluppo demografico non è causa di povertà, ma potenziale fattore di evoluzione. Ratzinger ribadisce la sua condanna dell'aborto e delle politiche demografiche selettive: «Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà, costituisce in realtà l'eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani». Quanto al rapporto tra sovrappopolazione e povertà, da tutti accettata, il Papa ribalta la tesi: «I Paesi che di recente si sono affacciati sulla scena internazionale come nuove potenze economiche hanno conosciuto un rapido sviluppo proprio grazie all'elevato numero dei loro abitanti». Aggiunge che «Tra le Nazioni maggiormente sviluppate quelle con gli indici di natalità maggiori godono di migliori potenzialità di sviluppo. In altri termini, la popolazione sta confermandosi come una ricchezza e non come un fattore di povertà».

5 febbraio 2009

Famiglia naturale o convenzionale?

Francisco Goya, La famiglia Osuna
Francisco Goya, La famiglia Osuna. Fenomeni storici, economici, sociali e di costume hanno contribuito a modificare la famiglia nelle società occidentali

Si lasci l’incipit ad una citazione tratta dal secondo capitolo de L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato di Friedrich Engels:

«Lo studio della storia primitiva […] presenta condizioni in cui gli uomini vivono in stato di poligamia e allo stesso tempo le loro donne in stato di poliandria e i figli comuni vengono perciò considerati anche una cosa comune a loro tutti; e queste condizioni, a loro volta, percorrono esse stesse un’intera serie di modificazioni fino alla loro dissoluzione finale nella monogamia.»

In un’epoca di silenziosi scontri ciclopici (perdonate l’ossimoro), di battaglie che vedono trincerati giganti ideologici, sembra chiaro come la soluzione al conflitto non possa avvenire attraverso la lotta armata. Se infatti da una parte l’"Assolutezza"delle leggi divine e metafisiche non si può nemmeno mettere in "dubbio", e se dall’altra il "Relativismo" filosofico e il pluralismo culturale faticano a trovare un’epifania "assoluta" nelle società occidentali (figuriamoci in quelle orientali e medio - orientali…) il nodo appare di difficile scioglimento. Eppure, inevitabilmente, il corso della storia, le scoperte scientifiche, la progressiva conoscenza, modificano, chiariscono e sbrogliano fili di lana che solo l’ipocrisia e la paura dell’uomo hanno, nel corso dei secoli, ingarbugliato. Si veda, ad esempio, il problema legato al tema della famiglia. Ancora oggi, e i proclami di certuni che ci tempestano sui mass media diventano persino intollerabili…, si sostiene che l’unica, la vera, la "naturale" famiglia sia quella composta da un padre, da una madre e dai loro figli.