12 febbraio 2014

Al mondo

Andrea Zanzotto

Su cosa sia la poesia è problema di cui si può discutere a lungo. Ricerca di sé frugando nel fondo comune a tutti gli uomini. Epifanìa della realtà. Strada che conduce all'essenza delle cose, attraverso l'intuito del poeta. Preghiera laica. In quest'ultimo senso, certo, la poesia può essere un'apostrofe rivolta al mondo. Invocato affinché si spieghi: si conceda all'ultima comprensione del suo senso.

Di questa tensione è intrisa la poesia Al mondo di Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011), nella quale il poeta rivolgendosi a quanto ci circonda, tratta del rapporto drammatico tra il soggetto e l'oggetto: tra l'uomo e la realtà.

Dolente ma ironica, la poesia in questione mette in evidenza, con tocco umoristico, le contraddizioni dell'esistere. L'incomprensione che corre tra il soggetto e il mondo, alla fine definito con l'epiteto di munchhausen! Ironico riferimento è all'episodio delle Avventure del Barone di Munchhausen (1785) di Rudolf Erich Raspe, in cui il nobile si mette in salvo dalla palude in cui era caduto afferrandosi per i capelli e sollevandosi da sé.

Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa' che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.

Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire

il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu «santo» e «santificato»
un po' più in là, da lato, da lato.

Fa' di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa' buonamente un po';
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, munchhausen.

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