Frankenstein di Guillermo del Toro e Orbit Orbit di Caparezza sono una celebrazione dell’ingegno che permette di creare, ma senza empatia può provocare disastri.
Non è l’amore che muove il mondo ma la sete di conoscenza
Questa dichiarazione, contenuta nel brano Curiosity (oltre il bagliore), ha un sapore vagamente dantesco: infatti ricorda le parole che Ulisse rivolge ai suoi compagni di viaggio prima di attraversare lo Stretto di Gibilterra che segnava i confini del mondo allora conosciuto. Oltre non era consentito andare.
L’essere umano è animato da una forte curiosità che lo spinge ad andare oltre i limiti per raggiungere nuove conoscenze. L’intera storia dell’umanità è costellata da scoperte ed invenzioni e nessuna di esse sarebbe stata possibile se in partenza non ci fossero stati curiosità e amore per il sapere.
Ma un uomo senza curiosità è già un uomo morto
Questa insofferenza verso i limiti, che vogliono imprigionare l’esistenza in solchi già tracciati da altri in precedenza, affligge la vita di Victor Frankenstein. Da piccolo è segnato da un forte dolore: la morte della propria madre mentre dà alla luce suo fratello William. Victor aveva un rapporto speciale con la madre e questo evento lo scombussola al punto tale che è mosso dal desiderio di sconfiggere, una volta e per sempre, la morte. La sua intera esistenza è votata a questo scopo.
È stato fatto notare che lo scienziato beve sempre latte, come se volesse placare il dolore del lutto che si porta dentro da tempo. Anche Frankenstein, come Ulisse e l’astronauta-Caparezza, è l’allegoria dell’ingegno umano che, animato da uno spirito titanico insofferente ad ogni forma di vincolo, vuole andare oltre per scoprire e creare qualcosa di nuovo che potrebbe migliorare le condizioni di vita degli individui.
Per me creare non è un hobby, è religione
La curiosità permette all’essere umano di creare, come una divinità, qualcosa che prima non esisteva: ciò afferma Caparezza in Perlificat, canzone che chiude l’odissea del Cosmonaufrago.
Victor, nonostante sia ghettizzato dal gotha scientifico per le sue idee etichettate come blasfeme, riesce a riportare in vita un cadavere costruito assemblando pezzi trafugati nei cimiteri vicini. Durante una notte di tempesta dà una nuova nascita alla Creatura, ma qualcosa va storto.
Cercando la vita, ho creato la morte
Tale è l’amara consapevolezza che paralizza Frankenstein una volta portata a compimento la sua missione. La Creatura ha un aspetto orrendo, non riesce a parlare, è simile ad un bambino che muove i primi passi nel mondo; per questo motivo lo scienziato non lo sopporta e lo tratta come una bestia. Lo maltratta, anche fisicamente, quando pronuncia che poche parole; addirittura cerca di ucciderlo per non averlo più tra i piedi. La pellicola mostra come Victor replichi gli stessi errori del padre infatti, durante la sua infanzia, il severo genitore puniva il proprio figlio per spronarlo a migliorare nello studio. Il dottor Frankenstein non dimostra un barlume di sensibilità: l’ingegno da solo non basta perché, senza un adeguato “accompagnamento”, può fare dei disastri.
Non sono malvagio di natura. Ero buono: la sofferenza mi ha reso ciò che sono.
A causa della crudeltà che lo circonda, la Creatura si incattivisce; arriva a pestare e minacciare il proprio creatore pur di essere preso in considerazione.
Victor, tu mi ascolti solo quando ti faccio del male!
La mancanza di affetto di Victor fa credere al “mostro” che non potrà mai essere accettato per ciò che è: il genio ha creato e allo stesso tempo ha distrutto una vita.
Solo i mostri giocano a fare Dio.
È la sentenza che pronuncia Elizabeth, la cognata amata da Victor e l’unica che riesce a voler bene alla Creatura senza essere terrorizzata dal suo aspetto fisico. Mentre parla con Frankenstein, durante un pranzo di famiglia, accusa coloro che creano armi di distruzione al solo scopo di arricchirsi: anch’ella comprende che l’ingegno molte volte può risultare mostruoso. Victor ne sa qualcosa, suo malgrado.
Ti temo, Victor. Ho sempre avuto paura di te. Ogni grammo di follia e distruzione. La conflagrazione che ha divorato tutto. Tutto è venuto da te. Tu sei il mostro.
Chi è il vero mostro? Dove risiede la malvagità? Nel genio vinto dal proprio egoismo, che crea per distruggere altre vite umane, che replica gli errori delle epoche passate. Dai banchi di scuola fino ad arrivare ai conflitti mondiali, il mondo è una testimonianza vivente di quella scintilla di cui l’essere umano è dotato e che impiega per scopi malvagi e distruttivi. Docenti, genitori e istituzioni insensibili e egocentriche, grandi potenze mondiali che scatenano guerre e occupano territori in nome della “democrazia” e, dall’altra parte, ci sono gli oppressi che, giorno dopo giorno, si inaspriscono e, non vedendo altre alternative, come la Creatura del film, compiono gesta violente e terribili per farsi ascoltare.
In questo scenario apocalittico quale potrebbe essere una soluzione?
Ho paura che stia diventando automa, cyborg
Ma se ho questa paura sono ancora salvo
Nel brano Pathosfera il Cosmonaufrago afferma il proprio bisogno di tornare ad un contatto sincero con il prossimo, anche se questo significa sofferenza. L’ingegno umano deve essere moderato e controllato dall’empatia. Questo sentire come propri i bisogni dell’altro non sempre è facile: per Caparezza, ad esempio, è un momento di dolore e di pesantezza; per Elizabeth e la Creatura è causa di isolamento e di derisione. In un mondo vinto dall’egoismo, che rimpicciolisce via via gli orizzonti, l’empatia è vista come debolezza che non è possibile concedersi. Ognuno deve guardare al proprio orticello!
L’odissea del Cosmonaufrago e della Creatura ricordano come l’essere umano è capace di grandi cose, come un dio fatto di carne ed ossa; ma, per evitare di portare morte e distruzione, è necessario che ritorni ai sentimenti e all’empatia, al sentire fortemente gli altri.
In tempi crudeli come questi è l’unica ancora di salvezza.

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