Nella seconda metà dell’Ottocento, le opere d’arte venivano valutate secondo criteri accademici piuttosto rigidi impedendo agli artisti di allontanarsi troppo dalle regole. Questo eccesso di conformismo era mal sopportato da alcuni artisti, che nel tempo avevano provato a forzare il verdetto dei giudici del Salon Officiel, la famosa esposizione annuale parigina, venendo spesso esclusi anche per piccole libertà esecutive. I criteri di valutazione si basavano su: la qualità del disegno, l'accostamento dei colori, la composizione e la disposizione degli oggetti nello spazio. Giornali e riviste dell'epoca, ma soprattutto critici e intellettuali erano i cani da guardia di questa impalcatura che non aveva remore per nessuno. Sono note a tutti le vicende degli impressionisti, o gli sberleffi a dipinti divenuti celebri come l'Olympia di Édouard Manet. Ma oltre a essi c'era anche un altro pittore, oggi meno noto dei primi, che subiva lo stesso trattamento: stiamo parlando di Gustave Courbet.
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Nascita di Venere di Alexandre Cabanel |
Se lo si osserva con attenzione il quadro sembra non presentare particolari libertà espressive, e forse per questa ragione venne esposto al Salon. Ma la tela venne subito criticata per la "mancanza di gusto", in quanto la posa della modella appariva sgraziata e con i "capelli spettinati"; eppure l'opera sembra richiamare la posa audace dell'acclamata Nascita di Venere di Alexandre Cabanel del 1862, ma a ben vedere nasconde qualcosa di diverso.
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Edmond About |
Il quadro rappresenta una donna sdraiata sul letto con un pappagallo poggiato sulla mano sinistra. Il critico d'arte Edmond About strenuo oppositore dei pittori d'avanguardia, nonché nemico del realismo di Courbet, mal sopportava le libertà che questi si prendeva nel rappresentare i vari soggetti su tela. Nella rivista «Salon de 1866» a proposito del dipinto scrive:
[...] belle mani, piccoli piedi, delicati allacciamenti: e la testa più bella che M. Courbet ha accarezzato con il pennello, dal suo stesso ritratto.
Detto questo, sarebbe ingiusto preoccupare il pittore per la composizione di una sua pittura, su quella colonna ritorta e quella chaise longue, e quel pezzetto di paesaggio in cui sembra ambientare la scena all'aperto. Il fatto che il pappagallo abbia un'ala rotta è una piccola sfortuna: sappiamo che nove volte su dieci i pittori hanno a disposizione solo uccelli imbalsamati. Preferisco ignorare i piccoli dettagli e dare risalto alla vera bellezza della figura nuda. Perdonerei perfino questa impertinente capigliatura così singolarmente distesa che un critico l'ha paragonata a trucioli di mogano abbandonati. Ma protesto con fermezza contro lo sfacelo deliberato e la volgarità che si nota negli accessori. Perché il drappeggio sullo sfondo è solo uno straccio vecchio e disgustoso? Perché questa squisita creatura giace sulle sue gonne, sulla sua camicia, su un mucchio di stracci incolori e insapori? È in nome del realismo? Ma Monsieur Courbet ha finalmente riconosciuto che la bellezza e la delicatezza delle forme sono reali quanto la bruttezza e la rozzezza; deve anche sapere che i tessuti belli e i colori intensi hanno la stessa realtà degli stracci sporchi. Avanti, maestro Courbet! Un'altra concessione, l'ultima, e tutte le persone delicate del mondo passeranno dalla vostra parte. Ora che il pubblico vi ammira volentieri, non avete più bisogno di impressionare. Rinunciate a questo realismo paradossale che il maestro Champfleury, il Courbet delle lettere, ha abbandonato prima di voi, e unitevi a lui sotto le bandiere della verità. Ha già percorso tre quarti del percorso; ancora un passo e tutti applaudiranno!
Jules Champfleury citato dal critico era uno scrittore francese capofila del realismo, che aveva fondato nel 1856 la rivista «Le réalisme» e preparato le Manifeste du Réalisme. Non è un caso il fatto che fosse amico di Courbet, e certamente anche per questa ragione si fosse attirato l'ostilità dei fratelli Goncourt. Proprio i fratelli Goncourt nel loro Diario il 18 settembre 1867 descrivono così la mostra delle opere di Courbet in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi:
Non c'è niente di niente nella mostra di Courbet. A parte due cieli marini, non c'è ombra di studio della natura in questo maestro del realismo. Il corpo della Femme au Perroquet e, nel suo tipo, tanto lontano dalla verità del nudo quanto una qualsiasi opera accademica del settecento. Il brutto, sempre il brutto, è il brutto senza la sua grande grandezza. Il brutto senza la bellezza del brutto.
Due anni prima Courbet aveva proposto un tema simile nell'opera Il sogno, Venere e Psiche che venne rifiutato dalla giuria del Salon in quanto non rispettava le convenzioni del tema mitologico. Courbet infatti sostituisce Amore, cioè Cupido con Venere reinterpretando totalmente il tema di Amore e Psiche. Come si nota la posizione della donna sul letto è identica a quella della tela successiva, mentre il pappagallo è sorretto dall'altro soggetto. Quest'opera venne distrutta nel corso della Seconda guerra mondiale in un incendio a Berlino, per questa ragione resta soltanto un'immagine in bianco e nero.
Courbet parlando delle sue vicende artistiche scrisse:
Dopo venticinque anni di lotta, sto ancora lottando; e oggi continuo a fare esattamente lo stesso tipo di pittura che all'inizio scatenò contro di me l'intero mondo ufficiale...
Il realismo di Courbet può essere paragonato (seppur con vistose differenze) a certi soggetti del Caravaggio o ai volti di gente della strada mostrati nei film di Pasolini. Non è un caso questo paragone, quando si pensa che lo stesso anno in cui proponeva la tela di cui abbiamo parlato, Courbet dipingeva l'apoteosi del realismo su tela: la sconvolgente Origine del mondo.
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