Il romanzo I fratelli Karamazov (1880) di Fëdor Michajlovič Dostoevskij è tradizionalmente interpretato come un grande affresco teologico e morale della crisi dell’uomo moderno, sospeso tra fede e nichilismo, libertà e colpa, responsabilità e disperazione. Tuttavia, una rilettura sociologico-filosofica, condotta attraverso le categorie teoriche elaborate da Zygmunt Bauman nel XX secolo, consente di cogliere nel testo dostoevskiano una sorprendente capacità prefigurativa della condizione contemporanea. In particolare, il concetto di “modernità liquida” offre una chiave di lettura capace di mostrare come il romanzo metta in scena una forma di libertà slegata da legami stabili, da istituzioni credibili e da orizzonti condivisi, una libertà che non conduce all’emancipazione ma allo smarrimento.
Il presente saggio intende argomentare che I fratelli Karamazov può essere interpretato come un laboratorio narrativo della crisi della responsabilità che Bauman descriverà come tratto strutturale della società liquida. Attraverso l’analisi dei personaggi, della dinamica del parricidio e della figura di Alëša, si mostrerà come Dostoevskij anticipi, in forma letteraria, le principali aporie della modernità avanzata.




