17 gennaio 2017

La macchina del tempo e l’equazione di Dirac

Sono nato diverso, figlio di un padre mai conosciuto, già in tenera età sperimentavo la morte, la fine e la sua dura, paradossale realtà.

Ho spesso riflettuto sull'assurdità della vita, o sarebbe meglio dire, dell'esistenza, poiché parlare di vita includendo la possibilità di una morte che ne pone fine mi è sempre apparso paradossale, quasi una dicotomia, fin da quando, all'età di otto anni circa, in bagno, davanti allo specchio, mi dissi: «Un giorno anch'io non sarò più» e ricordo che provai un terribile senso di vuoto, come se qualcuno avesse improvvisamente staccato la spina del mio cervello.

O come quando, a nove o dieci anni, nel tornare da scuola, decisi di regalare un attimo di eternità ad un'immagine banale, consueta, un'immagine che sarebbe sparita nella quotidianità del mio vivere ma che volli strappare all'oblio delle abitudini di ogni giorno. Fissai infatti una piantina che cresceva sul ciglio di un marciapiede prossimo a casa, era primavera, Marzo o Aprile e dissi a quell'immagine: «Tu non sparirai dalla mia memoria, ti ricorderò per sempre». E cosi fu, ancora oggi passando da quel luogo ricordo quella qualunque mattina e quella ancor più qualsiasi piantina e mi rivedo col mio grembiule nero e miei pesanti occhiali, la cartella a tracolla, tornare verso casa.

24 dicembre 2016

L'ultimo "libroide" di Fabio Volo

A cosa servono i desideri

Sarò franco, non ho mai letto un libro di Fabio Volo, salvo aver ascoltato spassionatamente un suo discorso alla radio o aver visto uno dei film in cui era protagonista. Se considerato sotto questo aspetto, lo reputo un personaggio simpatico e divertente. Ma leggere un libro intero no, questo tempo non lo perdo... Mi è sufficiente leggiucchiare l'incipit o la terza di copertina per capire di cosa si tratta. Così mi attengo alle opinioni altrui, come quella divertente di Michela Murgia nel corso della trasmissione Quante Storie di Augias.

24 novembre 2016

L'emblema musivo tra Palestrina e Ravenna


La decorazione musiva fiorisce in varie realtà nel corso della storia, occupando un importante posto in tribuna tra le arti figurative. Le sue fattezze mutano a seconda del contesto in cui si colloca, ma grazie ai pregiati materiali utilizzati, molti modelli sono arrivati fino ai giorni nostri riportandoci un valido esempio di tecnica ornamentale.
La vasta gamma di cromie che compongono le superfici donano a chiese e palazzi un tocco elegante e di prestigio.

23 novembre 2016

Il sentiero perduto della fiaba


Chi ha avuto la fortuna, accompagnata dall'abitudine, di passeggiare tra i boschi, sa come luoghi del genere siano immersi totalmente in quella tranquillitá che accoglie passo dopo passo chi li attraversa, allo stesso modo, parola dopo parola, fa con noi la letteratura.
E proprio come i boschi la letteratura è composta da una moltitudine di sentieri, uno di questi lentamente sta appassendo, un frammento di pagine sempre meno consultate che il tempo con la sua laboriosa cadenza inizia a sgretolare. Il sentiero della fiaba.

17 novembre 2016

"Non dirmi che hai paura". La realtà invisibile nel romanzo di Giuseppe Catozzella


È la farfalla sulla copertina con le ali distese nei calmi toni del giallo con lievi sfumature arance a suggerire il suo duplice significato. La farfalla è il simbolo della libertà, della leggerezza, l'ossimoro compiuto tra la condizione fetale di passività, incapacità e quella di caparbietà ed audacia nei movimenti. La farfalla è forza e debolezza insieme, ma, una volta superato il limite che la tiene stretta ai margini della sua vita lei si libra e vola. Per fare ciò la farfalla deve anche sforzare le sue deboli zampette, le quali sfregando con volontà iraconda contro il chiuso del bozzolo, sviluppa i muscoli che la terranno in piedi, o meglio in volo, per tutta la sua esistenza. La metafora che la farfalla rievoca potrebbe essere stata, a ragione, il motivo della copertina del romanzo di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura edito da Feltrinelli.