La Vergine del Segno |
Visitando un museo o una chiesa sono stato sempre colpito dall’alterità dell’arte bizantina-ortodossa, la suggestione che ne traevo è stata sempre viziata (sono consapevole di ciò) da un inevitabile retroterra culturale: l’idea cioè che quel tipo di arte non sia da considerarsi solamente superata, ma persino poco espressiva ed emotivamente poco coinvolgente. In fondo per un italiano immerso in una tradizione dove la bellezza dei volti, la naturalezza dei visi, la verosimiglianza dei paesaggi, la precisione delle prospettive e dei colori, è parte essenziale del suo patrimonio culturale, ciò che appare artisticamente più “semplice” assume un carattere di diminutio. L’iconografia bizantina infatti esprime prevalentemente un’arte statica, ieratica, senza prospettiva o con una prospettiva diversa dal consueto, con sfondi oro e la persistenza di uno stile invariato nel tempo.
Superficialmente si potrebbe dire che l’arte sacra bizantino-ortodossa è semplicemente “rimasta indietro”, mentre quella occidentale è andata avanti. Formalmente ciò è vero perché dopo Giotto la rappresentazione sacra occidentale e orientale hanno preso due direzioni diverse. Anzi potremmo dire che quella occidentale si è discostata dai canoni classici per virare verso forme di progressivo realismo. Così viene subito da chiedersi: perché è avvenuta una tale divaricazione? Perché l’arte ortodossa non è mai mutata? La risposta risiede sostanzialmente nella differente interpretazione teologica dell’arte sacra.