La corsa globale alla robotica antropomorfa segna l’inizio di una trasformazione che supera il perimetro della tecnica e tocca le strutture profonde delle nostre società, dal lavoro alla sicurezza, fino alla percezione stessa dell’umano.
La corsa globale alla robotica antropomorfa segna l’inizio di una trasformazione che supera il perimetro della tecnica e tocca le strutture profonde delle nostre società, dal lavoro alla sicurezza, fino alla percezione stessa dell’umano.
Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale non è più promessa o profezia, ma una presenza diffusa, quotidiana, intangibile come l’aria che respiriamo. La trattiamo come una tecnologia, ma la verità è che l’AI è ormai divenuta un ambiente cognitivo: ci abita, ci interpreta, ci restituisce continuamente ciò che siamo stati. L’errore più grande è continuare a pensarla come qualcosa fuori di noi, una mente altra che osserva e giudica. Ma l’intelligenza artificiale non ci guarda dall’esterno: ci riflette.
C’è una memoria che continua a gravare come un macigno sulla coscienza dell’Europa e dell’Occidente: quella della Shoah. Lo sterminio degli ebrei d’Europa non è solo un fatto storico, ma un trauma che ha plasmato il modo in cui gli Stati si relazionano con Israele, la nazione sorta anche come risposta a quell’orrore. Il “mai più” ha avuto un significato morale e politico: garantire la sopravvivenza di uno Stato che rappresentasse un rifugio per il popolo ebraico. Ma da allora quel legame, nato dal dovere della memoria, ha assunto forme inattese, fino a trasformarsi oggi in una dipendenza che non riguarda più solo la storia, ma la tecnologia e la sicurezza.
C’è un paradosso che attraversa la nostra epoca: non è che stiamo diventando più ignoranti, è che non sappiamo più distinguere quando lo siamo. L’informazione non manca, anzi: scorre in abbondanza, sotto forma di testi ben scritti, fluidi, rassicuranti. Il punto è che questa abbondanza produce un effetto ottico: confonde il sembrare con l’essere, la forma con la sostanza.
Nel crescente dibattito sull'Intelligenza Artificiale, e in particolare sui modelli generativi linguistici, si fa largo l'impressione che la posta in gioco sia ormai molto più ampia della mera innovazione tecnologica. L'Intelligenza Artificiale Generativa (AIG) non solo modifica il perimetro delle competenze umane, ma si insinua nei territori simbolici, culturali e spirituali che tradizionalmente definiscono l'umano. La polarizzazione tra tecnofili e tecnofobi, tra utopisti e catastrofisti, ha spesso oscurato il cuore del problema: quale intelligenza stiamo costruendo e quale idea di intelligenza stiamo dissolvendo? Questo articolo propone una lettura critica dell'AIG come artefatto cognitivo, attraverso un duplice prisma: da un lato, il quadro teorico pluralista delineato nel NSF Workshop Report on Intelligent Behaviors (2025); dall'altro, la visione antropologica e spirituale emersa dal recente magistero pontificio, in particolare nei documenti Antiqua et nova e nei discorsi tenuti da Papa Francesco e Papa Leone XIV tra il 2024 e il 2025.
In filosofia, nella religione, nell'etica o nella politica, poteva anche accadere che due più due facesse cinque, ma quando si trattava di progettare un fucile o un aeroplano, due più due doveva fare quattro.
1984, George Orwell
La narrazione ufficiale dei fatti tende, negli ultimi anni, a propinare opinioni e idee che cozzano palesemente con il riscontro oggettivo. Sui vari aspetti del quotidiano i media indirizzano le opinioni verso una direzione o un'ideologia, spesso indotta da personalità autorevoli, che finiscono con l'essere smentite dai fatti. Ma a perderci non sono solo i soggetti che ne hanno hanno sostenuto quelle posizioni, come i giornalisti, negli ultimi tempi anche certa scienza ne è uscita delegittimata.
Comprendere i comportamenti degli animali, come si accoppiano, quali sono le loro abitudini sociali e le strategie di sopravvivenza aiuta ad avere un quadro generale della vita sulla terra. Ma non solo, ci permette di osservare cercando di astrarci dal giudizio morale cui inevitabilmente si tende. Per approfondire queste tematiche vi suggerisco un interessante podcast dal titolo Il gorilla ce l'ha piccolo del biologo Vincenzo Venuto.
C'è un uccello che vive in Australia e possiede straordinarie capacità imitative. Scordatevi i pappagalli che ripetono le parole, questo uccello è in grado di riprodurre qualsiasi suono, dall'imitazione del canto di altri uccelli ai rumori artificiali come quello del click di una macchina fotografica, un allarme auto, una motosega e persino l'effetto di una spada laser di Guerre Stellari.
Stefano Mancuso è un botanico piuttosto noto, non solo per i suoi studi ma soprattutto per la chiarezza con cui racconta il mondo delle piante. Nelle sue numerose conferenze e nelle interviste cerca di smontare i luoghi comuni sulle piante. Ad esempio l'idea che non si muovano, non reagiscano, ma soprattutto che non siano intelligenti.
L'intrigante incontro tra la nobiltà del legno e l'intelligenza del design bioclimatico fa sì che la natura diventi ispirazione e guida. In questo articolo viene illustrato come l'ecosostenibilità si possa fondere con l'estetica e l'efficienza energetica, plasmando un futuro dove le costruzioni abbracciano la Terra.
L'utilizzo intensivo di computer, tablet e smartphone sta rendendo obsoleta la scrittura a mano. Ma non si tratta solo di una decadenza nella vita di tutti i giorni ma anche a livello scolastico. I bambini di oggi hanno poca familiarità con la penna e la calligrafia. Scrivono male e poco. In alcune scuole si accetta di scrivere a stampatello e in altre ormai si eliminano i quaderni per passare ai tablet. Perdere familiarità con la scrittura significa perdere delle capacità cognitive importanti e nel contempo anche quelle della comprensione dei testi.
Il linguaggio presuppone una lunghissima evoluzione, sia biologica che culturale. Secondo il linguista Noam Chomsky, il linguaggio non sarebbe puramente imitativo da parte del bambino, che quindi non si limiterebbe a ripetere le frasi ascoltate da altri. In un primo momento certamente è così, è questa la fase dell'apprendimento della lingua per imitazione. Tuttavia, secondo lo studioso americano, solo nella specie umana vi sarebbe una conoscenza innata delle regole del linguaggio. A dimostrazione di ciò, in tutte le lingue esistono delle strutture sintattiche fondamentali che ricorrono. Secondo gli studiosi, solo nella specie umana, quale sua evoluzione biologica sarebbe presente, un meccanismo precipuo di apprendimento linguistico noto come LAD ovvero Language Acquisition Device. In ogni uomo esisterebbe un programma filogenetico inscritto nel codice genetico, in quanto prodotto dell'evoluzione della specie, che permetterebbe al bambino di imparare a parlare. In sostanza l'esperienza dell'apprendimento linguistico del bambino ricapitolerebbe l'esperienza percorsa dall'umanità dai suoi primordi.
La scienza è uno dei campi più sopravvalutato della nostra epoca. Affermo ciò perché mai come in questo tempo si tende a concedere indefessamente un credito quasi religioso alle affermazioni degli scienziati. Una conferma di questa posizione è ravvisabile nelle tante, troppe affermazioni di scienziati, virologi e epidemiologi nel corso della pandemia da coronavirus. Ma l'oggetto di questo post non è una pesante critica alla scienza, ma una divertente riflessione sulle scoperte scientifiche condotta abilmente dal fisico Emilio Del Giudice.