Il linguista settecentesco Melchiorre Cesarotti, già traduttore di Omero e di Ossian, nel suo saggio Sulla filosofia delle lingue introduce il concetto di Genio, inteso come il carattere originario e tipico di un popolo. L’intellettuale affronta questo argomento per contrattaccare le tesi dei cosiddetti “puristi” del linguaggio, i quali rifiutano categoricamente la possibilità che nella lingua italiana possano entrare parole straniere. Secondo loro, infatti, l’uso di qualsiasi termine alloglotto corromperebbe irrimediabilmente il nostro idioma.
Il ragionamento del linguista padovano si basa sul fatto che ogni lingua, così come ogni popolo, ha delle caratteristiche proprie che lo rendono unico e riconoscibile. Per genio, quindi, possiamo intendere l’inclinazione naturale di una determinata cultura, la sua indole, il suo spirito o, insieme, le sue caratteristiche più intime.
Ma come mai parto da così lontano, da considerazioni forse troppo erudite e, in apparenza, per niente pertinenti? Perché, guardando le immagini di The face of tomorrow, mi è venuto in mente proprio Cesarotti e il suo Genio. Face of tomorrow è un progetto open source che si basa sul morphing, ovvero la creazione di compositi facciali generati dalla sovrapposizione di immagini che vengono interfacciate via software in base ad alcuni punti notevoli, come il profilo degli occhi, del naso e così via. Pioniera di questa tecnica è un’artista americana, Nancy Burson, che ha sviluppato software usati anche dalla polizia per il riconoscimento e il ritrovamento di bambini rapiti.