Se vi è un grande assente nei nostri giorni, è proprio il caso di dirlo, è l'assenza stessa. Ogni silenzio è riempito da vuote chiacchiere, dal suono della musica o da quello della televisione. Se oggi noi dobbiamo fare i conti un «ospite inquietante», per citare Heidegger, mancante al banchetto della cultura occidentale degli ultimi anni, é proprio l'assenza. Ogni posto vuoto è prontamente riempito, ogni silenzio stroncato, ogni necessità assecondata, ogni disturbo violentemente sradicato per non sentirne il dolore, l'impressione di un vuoto nello stomaco.
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20 dicembre 2011
La morte di Godot e il pensiero calcolante. L'impotenza del pensiero nei tempi moderni
Se vi è un grande assente nei nostri giorni, è proprio il caso di dirlo, è l'assenza stessa. Ogni silenzio è riempito da vuote chiacchiere, dal suono della musica o da quello della televisione. Se oggi noi dobbiamo fare i conti un «ospite inquietante», per citare Heidegger, mancante al banchetto della cultura occidentale degli ultimi anni, é proprio l'assenza. Ogni posto vuoto è prontamente riempito, ogni silenzio stroncato, ogni necessità assecondata, ogni disturbo violentemente sradicato per non sentirne il dolore, l'impressione di un vuoto nello stomaco.
2 novembre 2011
Due racconti di Alberto Savinio
Nel mondo c’era la Testa. Poi venne la Croce. Allora Testa e Croce si misero a giocare a testa e croce, e tutto il male viene da lì.Alberto Savinio, Occhio n. 6
Alberto Savinio, L'annunciazione, 1932, coll. priv. |
Avevo letto di Savinio solo una cosa, la raccolta di racconti Casa «la Vita», e già avevo ammirato la sua lingua pastosa, riccioluta, insolentemente inutile. Alberto Savinio ha sempre (ingiustamente) sofferto la “sindrome del fratello famoso” («Savinio?», «si, il fratello di De Chirico»). Non lo meritava, lui che aveva ideato col fratello la Metafisica e che aveva finito per non goderne la fama indaffarato com’era ad arrischiare nuove strade e nuove forme d’espressione e forse, come si vocifera, volontariamente oscurato dal fratello, col quale ruppe ogni rapporto dopo anni di benefici traffici artistici.
27 ottobre 2011
Jack Unterweger, lo scrittore serial killer
Può la cultura redimere un criminale? E la detenzione poi riabilita davvero un individuo? Queste domande fanno parte di un dibattito che da anni divide le opinioni interne ad ogni paese: tra coloro che sostengono l'impossibilità di una “guarigione” dalla pulsione criminale e chi afferma il contrario. La vicenda di Johann Jack Unterweger sembra rappresentare proprio il condensato di questo dibattito...
2 settembre 2011
Il Risorgimento nascosto, storie e trame di una difficile unità
Sono appena trascorsi 150 anni da quel 17 marzo 1861 quando il parlamento di Torino proclamava Vittorio Emanuele II Re d'Italia «per grazia di Dio e volontà della nazione». Una data che conosciamo dai banchi di scuola assieme alle guerre, agli accordi, alle battaglie e ai protagonisti del Risorgimento. Ma questa eroica epoca di patrioti e idealisti nasconde in fondo vicende meno edificanti, retroscena inattesi e misteriosi intrighi. Secondo autorevoli storici infatti, l'epopea risorgimentale va riscritta nei libri di scuola in toto perché l'Unità d'Italia non fu un episodio del tutto spontaneo come siamo abituati a credere, ma una convergenza di interessi e scaltre trame ordite da personaggi controversi.
14 luglio 2011
«Il cuore del nulla»: Manganelli stupratore di sillabe
Che gli uomini vivi e domestici, i glabri progressisti sappiano che colui che siede accanto in tram può cavare di tasca un rasoio e segargli la gola; e sarà un festoso fontanare di sangue sulle giacche degli immortali tramviari.“L’archimandrita dei demonofili al suo gregge”
Non ho alcun dubbio: se Dio esistesse scriverebbe come Giorgio Manganelli. O forse no. La sua devozione “religiosa” all’infinito repertorio di parole che custodisce e adopera come cosa sacra, e forse anche il suo sadico gusto nell’indugiare su violenze e meschinità lo fanno, forse, limitrofo al divino. Ma «il gran sordomuto eterno», come lo definì Carlo Dossi, forse mai si spingerebbe come lui negli altrimenti inviolati territori della letteratura italiana.
23 giugno 2011
L’ebreo errante dell’amore
Talora ho l'impressione che abbiamo una camera con due porte, l'una di fronte all'altra, e ognuno stringe la maniglia di una porta e basta un batter di ciglia dell'uno perché l'altro sia già dietro la sua porta e basta che il primo dica una sola parola e il secondo ha già certamente chiuso la porta dietro di sé e non si fa più vedere. Egli riaprirà, sì, la porta, perché si tratta di una camera che forse non si può lasciare. Se non fosse esattamente come il secondo, il primo starebbe tranquillo, preferirebbe, in apparenza, non guardare neanche verso il secondo, metterebbe lentamente in ordine la camera, quasi fosse una camera come qualunque altra, ma invece fa esattamente la stessa cosa presso la sua porta, talvolta persino tutti e due sono di là dalle porte e la bella camera è vuota. Di qui sorgono malintesi assillanti.Lettere a Milena, F. Kafka*
Egli è ebreo di cultura ed errante perché porta su di sé la croce della colpa della sua malvagità; nel senso di colpa egli si perde e di questo peso egli si macchia ogni volta che per suo volere erra nella malvagità di una solitudine personale che mai lo abbandona. Di questo male, di cui il mondo fuori ignora completamente l’esistenza ma di cui egli è sicuro, egli è vittima e carnefice al contempo. Nei luoghi sacri dell’amore egli si addentra per poi colpire non l’oggetto amato, bensì sé stesso. È questa colpa che cerca, è in questa colpa che incessantemente erra per perdersi o non perdersi affatto. Questa è la condizione di un uomo, Kafka, che seppe vivere attivamente nel verbo della parola scritta, muto, però, al confronto con ciò che diventava reale, con ciò che è più reale della vita: l’amore.
Manca un pezzo, un collegamento tra il mondo onirico estremamente individualizzato della condizione kafkiana e quello più tangibile e prosaico della «vita Activa» per citare la Arendt, anche lei ebrea, quella vita pratica dell’adulto che è tale perché ha abbandonato la dimensione fantastica del sogno-incubo. Secondo questa lettura Kafka dunque non avrebbe mai effettuato quel salto dalla età adolescenziale a quella adulta, restando un adulto che sogna.
13 maggio 2011
La lingua che noi siamo: Zagrebelsky
Attraverso un breve resoconto «Sulla lingua del tempo presente», Zagrebelsky riflette e fa riflettere su quanto la lingua possa essere molto più di un insieme di segni linguistici. Ci aiuta a comprendere la funzione che si nasconde dietro il mero atto naturale del parlare. Ecco, allora che il parlare non è più, solo, un portare qualcosa da dentro a fuori, ma al contrario è anche il processo opposto: si porta qualcosa di detto fuori, dentro di noi. Questo portare fuori verso la nostra interiorità può essere molto più di un processo passivo e improduttivo. Accogliere un significato linguistico al quale siamo sottoposti reiteratamente, cambia, lentamente, la coscienza individuale e, a seconda degli strumenti massmediatici utilizzati, quella di una intera comunità linguistica o, anche, della massa. Dal pensiero nasce la parola e quest’ultima rappresenta il pensiero, la capacità pensante di chi la porta fuori. Ma la parola può essere anche un’arma che in tempo di guerra può nascondere insidie ed essere inautentica, asservita a chi vuole asservire. Ma la parola è altresì la dimostrazione che si è liberi di esprimersi, sempre.
Un grido composto, ma tagliente ed acuto, è dunque quello che proviene dalla sensibilità di uno dei più grandi interpreti della crisi dei nostri giorni, nonché costituzionalista di professione: Gustavo Zagrebelsky.
11 aprile 2011
Il teatro della verità di Marco Paolini
Attore, regista, drammaturgo, nicchia del nostro teatro Marco Paolini, autore e interprete di un repertorio che appartiene al cosiddetto teatro civile. Il suo teatro è capace di insegnare, far ridere fino alle lacrime e commuovere fino al silenzio.
4 aprile 2011
Michael Conradt: “La filosofia e la vita vera”
Dal convegno del 2.03.2011 presso l’Evangelische Akademie
Più volte il professor Conradt ha sottolineato, durante la presentazione, che la filosofia non è stata per lui una giustificazione esistenziale, un appiglio grazie al quale lenire personali insoddisfazioni o frustrazioni. La filosofia ha avuto un altro senso, un altro ruolo. Io non posso certamente contraddire le parole del professore ma è lecito chiedersi quale ruolo possa avere la filosofia per un uomo che intenda viverla appieno, se non quello totalizzante in grado di colmare quei vuoti esistenziali nei quali noi uomini sempre cadiamo. È difficile credere allo studio asettico di una materia che abbisogna dello stupore infantile di una parte dell’uomo che non può essere solleticata se non dall’incanto, dalla meraviglia scaturita dalla passione più pura. Come ogni cosa nella vita, tutto serve a salvare le nostre esistenze inaridite e fragili, e, forse, il più bel Deus ex Machina è offerto dall’incanto, dall’“amore del sapere” offerto, appunto, dalla filosofia.
6 marzo 2011
Il problema del nichilismo in Occidente: “Avere” ed “Essere”
Vivere appieno, assecondare le proprie tendenze in concomitanza con le proprie capacità è un processo naturale che stempera non solo lo stato di frustrazione al quale oggi noi tutti siamo soggetti, bensì amplifica il margine di umanità. Cosa significa? L’amplificazione del margine di umanità si ottiene vivendo non nella modalità dell'avere, bensì secondo quella dell'essere, per riprendere la nota dicotomia di Erich Fromm. Fondare la propria esperienza umana lasciandosi attraversare anche e per lo più da quei desideri innati, piaceri personali, che differenziano tra loro gli individui rendendo varia una codificazione umana oggi improntata alla spersonalizzazione dell’individuo, è il Weg, (il percorso, la via) sfida dell’uomo moderno.
26 febbraio 2011
Il problema del nichilismo in Occidente in rapporto al pensiero di Heidegger
Heidegger |
4 febbraio 2011
Lo «strategismo» commerciale colpisce ancora
P: L’essere infatti il mio chiodo fisso – o mio estenuante amore! – è consistito in nonso quanto tempo trascorso struggendomi nell’immaginare di guardarti negli occhi
nel mentre ti toccavo fra le gambe fino a vederti divenire madida di desiderio”
[…]P: Va bene rinunzio: parto. Ti ho tuttavia preso i libri, perché la mia condizione di
filosofo non mi consente gesti sfavorevoli alla crescita delle persone.
[…]P: Ho riletto tutti i nostri sms per cercare di trovarci quello che non riesco a capiredi te. Tra un sms e l’altro, o in risposta a questo o quello di essi, mancano
naturalmente le telefonate, le intere giornate trascorse a parlare in studio, gliincontri, amorosi e non, ma alla fine c’è tutto, e hanno rafforzato la mia convinzioneche il filo conduttore di fondo del tuo comportamento sia lo strategismo.
Abbiamo già scritto di Luigi Alfonso Marra e dell’ostracismo della sinistra di cui, secondo lui, sarebbe vittima. D’altronde, poverino, è anche vittima della sfortuna. Prima ha ingaggiato per la campagna pubblicitaria del sul libro Il labirinto femminile (edito da Omogeneitas1, cioè da se stesso) sua figlia; era stato criticato per la bruttezza dello spot e per il vago familismo mastelliano. Poi, sicuro di fare centro, aveva alzato il tiro ingaggiando Manuela Arcuri, ma lo spietato popolo di internet lo ha “massacrato”. Ha allora optato per un volto più rassicurante, quello da buon padre di famiglia di Lele Mora, ma pochi giorni dopo la messa in onda degli spot il noto manager è stato indagato per sfruttamento della prostituzione nel caso giudiziario che (quasi) tutti conosciamo. Adesso, con una scelta abilmente in bilico tra genialità warholiana e sciocchezza assoluta, il nostro ha ingaggiato Karima El Mahroug, meglio nota per taluni suoi frequentatori come Ruby Rubacuori.
3 febbraio 2011
L’amore carnale per una città in un capolavoro dimenticato di Dino Buzzati
Non date retta a chi decanta le gioie di una estate in città. Milano, senza i suoi abitanti, semplicemente non ha senso. Senza il viavai, senza le incazzature, i furgoncini degli artigiani in seconda fila e le macchine delle sciure che portano i figli all’asilo in terza, senza le polveri sottili, la metropolitana nelle ore di punta, senza gli impiegati e i mendicanti, senza tutto ciò, è come se perdesse la terza dimensione.
Gianni Biondillo, Per cosa si uccide
Un signore compito, educato. Un uomo perbene. Uno che viene dalla provincia, da buona famiglia e buone letture; colto ma non retorico, diretto, e in un certo senso “antiaccademico”, Buzzati era, soprattutto nel decennio dei sessanta, un “uomo d’altri tempi”.
18 gennaio 2011
La parola e lo spirito: il bipolarismo esistenziale nella filosofia di Ferdinand Ebner
La parola è la corda tra l’ «Io» e il «Tu».Nella parola sta la ragione ed essa parla alla ragione.La vera parola non è di questo mondo.Ma non è stato l’ amore a pronunciare la prima parola?Ferdinand Ebner, Das Wort ist der Weg
20 dicembre 2010
I sogni di un visionario chiamato Kant
Immanuel Kant
Immaginiamo un Kant precritica, dal tono ironico ma forse, in realtà, neanche troppo ironico direi piuttosto un tono falsamente ironico, nel caso in cui il lettore serio voglia alzare un polverone di critiche contro un filosofo serio che non si è certamente tirato indietro dinanzi alla possibilità di rispondere in modo semiserio - secondo me serissimo - alla lettera di Charlotte. Non è importante qui spiegare chi sia Charlotte, bensì è interessante notare come dalla storia da lei raccontata, scaturisca un pamphlet kantiano il quale, collocandosi prima delle Critiche, andrebbe considerato in certi suoi aspetti essenziali: questi sono quelle tematiche sulle quali si incentra la Critica della ragion pura e la Critica della ragion pratica, la questione dell’anima.
Due racconti inediti di Oscar Wilde
Continua a stupire il più noto affabulatore irlandese tornato alla ribalta a poco più di 110 anni dalla sua morte, con una serie di racconti inediti recuperati in antichi libri francesi degli anni ‘30 e finalmente tradotti in italiano. Può suonare strano ma stiamo parlando di Oscar Wilde!
Questo nome ci riporta immediatamente alla memoria immagini evocative come quelle suggerite dal Ritratto di Dorian Gray o quelle paradossali da L’importanza di chiamarsi Ernesto. Come è risaputo durante i suoi viaggi in Francia egli era aduso intrattenere rapporti culturali con altri letterati del suo tempo deliziandoli con straordinarie parabole mai trascritte e affidate alla memoria dei suoi contemporanei, storie che dalla tradizione orale sono state raccolte in un volume dal titolo Le parole del Giglio. Riportiamo due racconti inediti tratti dalla seguente raccolta...
27 giugno 2010
«Un mucchio di libri, un mucchio di sogni e un mucchio di fica». La vita secondo Henry Miller
Se governassi io il mondo, imporrei alle persone creative una dieta a pane ed acqua; agli ottusi darei da mangiare e da bere a sazietà. Li avvelenerei soddisfacendone i desideri. Il cibo è un veleno per lo spirito, non placa la fame. Il cibo, sia esso sessuale o d'altro genere, placa soltanto gli appetiti. La fame è tutta un'altra cosa: nulla può placarla. La fame è il barometro dell’anima.Henry Miller, Sexus
8 maggio 2010
La verità in frantumi: Romanticismo e Tradizione, un rapporto controverso
Il movimento romantico è stato ad un tempo rivoluzionario e reazionario, multiforme e contraddittorio. Esiste però un osservatorio dal quale è possibile ricostruire alcuni aspetti che diedero forma e coerenza interna a questa fondamentale fase del pensiero europeo: è quello della philosophia perennis, lo studio delle scienze tradizionali. Ciò che il Romanticismo rifiutò e ciò che invece raccolse, costituisce il bagaglio con il quale l’Europa si è affacciata all’età contemporanea.
23 aprile 2010
Tony Pagoda: l’anti-Forrest Gump di Sorrentino
Toni Servillo in L'uomo in più, 2001 |
Le esistenze, sono solo tentativi, perlopiù fatti a cazzo.Tony Pagoda
Meno di quarant'anni, quattro lungometraggi, dodici David di Donatello, otto Nastri D'argento, un Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, svariati altri premi in giro per il mondo e critiche addirittura imbarazzanti («diventerà una pietra di paragone per gli anni a venire», «Variety» su Il divo): Paolo Sorrentino.
17 marzo 2010
Il teatro dei popoli primitivi
L’evento teatrale si basa su due elementi principali che sono l’attore e lo spettatore e più precisamente sulla relazione che li lega: la relazione teatrale. Dunque si fa coincidere il fenomeno teatrale con un genere letterario che è la drammaturgia, in quanto si considera il teatro più da un punto di vista dell’istituto sociale rinchiuso nell’ambito di un ristretto edificio: la gradinata, la massa del pubblico, uno spazio, una narrazione, gli attori. Il regista, lo scenografo e così via, tutte forme di teatro occidentale che fonda le sue origini nel teatro classico dell'Atene del V secolo a.C.
Ma in realtà il concetto di teatro può comprendere non solo gli aspetti espressivi, linguistici e culturali del fenomeno, ma anche quelli sociali e organizzativi: una grande festa collettiva. Presso molti popoli, prevalentemente presso quelli agricoli, le manifestazioni teatrali sono legate al ricorso dei cicli stagionali. Questa connessione assume un chiaro significativo rituale e propiziatorio, la rappresentazione che celebra il rinnovarsi del ciclo alla cui regolarità è legata la sopravvivenza della comunità.
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