Nella letteratura e nella musica, pochi simboli risultano tanto potenti quanto quello della “scimmia sulla spalla”, figura sfuggente, vischiosa, ineluttabile. È un’immagine che non si limita a rappresentare la dipendenza come condizione fisica, ma la trasfigura in stato dell’anima. In Junkie (in italiano La scimmia sulla schiena), William S. Burroughs ne fa il fulcro narrativo del suo memoir brutale e lucido sulla tossicodipendenza. Decenni dopo, in un’Italia molto diversa dall’America marginale degli anni Cinquanta, Eugenio Finardi ne raccoglie l’eco nella sua canzone La scimmia, usandola per raccontare la stessa lotta interiore, con la rabbia poetica di chi ha conosciuto il demone dell’eroina, ma ha anche intravisto una via di riscatto. Due linguaggi, due culture, un unico nodo oscuro: la scimmia sulla spalla.