«Dove siamo?
Dovunque mi volti, non vedo che dei folli.»
Molière, Les fâcheux
Per Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, il 1664 sembra essere l’anno della svolta: già popolarissimo a corte grazie alle prime farse e commedie di enorme successo, in primavera la sua nuova pièce, Le Tartuffe, ou l’Hypocrite, va in scena a Versailles per la prima volta. Il drammaturgo parigino si sente pronto, forte della convinzione che si porta dietro fin dagli esordi: la commedia non può (e non deve) accontentarsi di parlare solo di corna e gelosia, scappatelle e paturnie amorose; il suo compito è piuttosto capire cosa non va nella società, metterlo in ridicolo e cambiarlo attraverso la risata, stimolare la riflessione nel pubblico senza però rinunciare alla sua vocazione comica. Ed è proprio questo che Tartuffe rappresenta, lo sforzo maggiore mai compiuto da Molière in tal senso, la tappa più importante del suo progetto di “nobilitazione del ruolo della commedia”.